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Mazzarri: “Napoli puoi giocartela con il Real. L’eliminazione col Chelsea brucia ancora”

Walter Mazzarri, tecnico del Watford, ha rilasciato una lunga intervista ai colleghi della Gazzetta:  «Quando giocavo nella Primavera della Fiorentina, l’estate facevo le consegne a casa. Lavoro, rispetto e onestà sono valori trasmessi dalla mia famiglia».

Il bilancio di questi sette mesi d’Inghilterra?

«I risultati sono in linea con i programmi del club. Mi è stato chiesto di salvare la squadra, di consolidare la categoria e di valorizzare i giocatori».

Com’è nata l’opportunità Watford?

«Avevo voglia di mettermi in discussione e di affrontare un’esperienza diversa. La Premier mi ha sempre affascinato. C’erano state altre richieste, ma ho scelto il Watford perché mi sono trovato in sintonia con le idee del presidente Gino Pozzo. Ho chiesto solo una cosa: un dialogo continuo e diretto con lui».

Che cosa ha fatto nei 18 mesi trascorsi tra l’esonero all’Inter e la firma con il Watford?

«Mi sono preso un anno sabbatico. Avevo bisogno di staccare la spina. Dalla Primavera con il Bologna nel 1999 fino all’Inter non mi ero mai fermato. Ho deciso di venire in Inghilterra per studiare il calcio di queste parti e mi sono stabilito a Manchester per conoscere meglio la realtà di questo Paese. Londra è splendida, ma è cosmopolita. La vera Inghilterra è altrove. Manchester ha due club di valore mondiale ed è strategica: sei ad un passo da Liverpool».

Che cosa non funzionò all’Inter?

«Penso che il tempo sia stato galantuomo. C’erano molte attese, come è lecito nel caso di un club come l’Inter, ma nel giudizio sui risultati non si tenne conto dell’effettivo valore della rosa. Pochi mesi dopo il mio arrivo ci fu un cambio storico al vertice del club, con il passaggio delle consegne da Moratti a Thohir. E poi mi ritrovai con diversi calciatori in scadenza. Prima della svolta societaria eravamo secondi, poi scivolammo al quinto posto, ma quella era l’esatta dimensione dell’Inter di allora».

Che cosa la ferì nei giorni più difficili?

«Sono abituato a prendere in considerazione i giudizi delle persone che stimo. Sul lavoro si può sempre discutere. La denigrazione e le offese non sono accettabili».

Che cosa le hanno lasciato gli anni di Napoli?

«Il ricordo di una splendida avventura. Vincere la Coppa Italia e riportare la squadra in Champions dopo Maradona sono stati risultati eccezionali. Mi porto dietro anche il rapporto con i giocatori e i napoletani».

Il Napoli incrocerà il Real negli ottavi di Champions.

«Il Napoli può giocarsela. È arrivato il momento di superare finalmente gli ottavi. Tifo per il Napoli. Non ho dimenticato l’amarezza dell’eliminazione con il Chelsea nel 2012, quando il gol di Ivanovic nei supplementari ci fece salutare l’Europa. Quel Chelsea avrebbe poi vinto la Champions».

La Juventus potrebbe vincere il sesto scudetto di fila: perché si è creato questo divario con la concorrenza?

«La Juventus ha un parco giocatori rinnovato con intelligenza nel tempo e progettato nel rispetto del nucleo storico: Buffon, Chiellini, Barzagli, Bonucci. Lo stadio di proprietà è un valore aggiunto».

Allenare in Inghilterra è davvero diverso rispetto all’Italia?

«Io penso che la vera differenza sia l’ambiente. Gli stadi sono moderni e funzionali. C’è un senso di appartenenza molto profondo. Il primo giorno al Watford una signora mi venne incontro e mi disse “Benvenuto nella nostra famiglia”».

Fonte: Gazzetta