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De Laurentiis rivela: “Higuain mi chiese di cedere Callejon. Volevo Allegri per il mio Napoli”

Il Presidente De Laurentiis ha rilasciato un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais. 

“Quando ho comprato il Napoli?

All’inizio non capivo molto. I primi due anni ho investito circa 120 milioni di euro. In Serie B ho iniziato a recuperarne una parte, il primo anno in A siamo reintrati dall’intero investimento.

Sulla gara di ritorno con il Real? Una partita molto sentita. Dal 29 dicembre abbiamo iniziato a vendere i biglietti andati a ruba in quattro giorni. Questo dà l’idea dell’importanza della partita. Quando abbiamo messo in vendita i 4900 tagliandi per il Bernabeu, sono terminati in 45 minuti!

Regole del cinema nel mondo del calcio? Sì, ho voluto contratti come quelli cinematografici. Solo l’unico al mondo che ha i diritti d’immagine di tutti i giocatori. Quando comprai Higuain è stata dura, il Real ne detiene solo il 50%. Perché? Perché i giocatori non hanno una formazione giuridica e non capiscono i contratti. Né hanno una formazione aziendale. Non capisco perché le società sportive consentano alle aziende di negoziare contratti d’immagine direttamente con loro. I ragazzi hanno un contratto con il club, quindi devono negoziare con il club. Il 99% dei club non sono aziende, hanno una cultura diversa.

Higuain successo o fallimento? Un enorme successo. Il Real non gli ha dato l’esposizione che ha avuto a Napoli. I media creano eroi, però non sempre questi eroi riescono a supportare questo peso culturale e identitario. Sono ragazzi in fin dei conti giovani, i media spesso rovinano le persone. Aveva una clausola di rescissione, se c’è qualcuno così pazzo disposto a pagare tutti questi soldi io non dico no. Ci sono altri giocatori che accettano di essere considerati come parte della mia famiglia e mi considerano come un padre. Quelli che invece non sono disposti a farlo, meglio venderli dopo tre anni. Higuain con noi ha fatto uno dei suoi anni migliori. Ma al secondo anno i rigori che ha sbagliato sono stati decisivi nella lotta alla qualificazione in Champions…E anche per il secondo posto.

Rapporti personali? Ci frequentavamo poco. Conoscevo la famiglia molto bene, una famiglia esemplare con un padre straordinario. Poi c’era il fratello che ogni tanto diceva: “A Gonzalo non piace giocare con Callejon, prenda altri calciatori!” Ma ovviamente non ho mai ceduto Callejon perché lo amo. Così gli ho rinnovato il contratto, non accetto certi ricatti.

L’esperienza con Benitez? Un grande allenatore, molto preparato ma che confonde il calcio inglese con quello spagnolo e quello italiano. Questo è il suo punto debole. È innamorato pazzo della città che ha dato le origini ai Beatles…Ma a parte questo cos’ha Liverpool? Arrivò lui, anche se mi sarebbe piaciuto portare in azzurro Allegri. Ne ero innamorato, quando era al Milan le chiesi di venire al Napoli. L’ho chiamato, ma mi dissero che dovevo aspettare. Così pensammo a Benitez, andammo a Londra e ne rimanemmo colpiti. Sembrava un napoletano, molto gentile. Ci invitò a mangiare, e così parlammo del contratto. Quando tornai a Roma da Londra ricevetti una chiamata da Allegri che mi diede la sua disponibilità…

Com’è finita con Benitez? Aveva un’opzione per restare un altro anno. La verità è che la famiglia voleva tornare a Liverpool. Me lo confessò. Gli misi a disposizione di tutto, una villa a Roma, grandi scuole, i cavalli per una delle sue figlie che amava andare a cavallo. Ma niente, mi disse che non voleva lasciare l’Inghilterra. A quel punto gli dissi: “Caro Rafa, puoi esercitare l’opzione e restare”. Ma ebbi l’impressione che la cosa non gli piacque, era una cosa forzata. Poi perdemmo stupidamente a Bilbao, sconfitta che ci costà la qualificazione in Champions. Non dico che volle perdere appositamente, ma forse la sua mente era altrove. O forse voleva un’altra squadra. Ci sono cose che le persone non conoscono.

Quandò andò al Real? Non potevo farlo restare il terzo anno. Ero felice per lui. Ma chi firma per il Real sa di essere in pericolo. Ci sono campioni, star viziate che se vogliono possono mettersi contro gli allenatori e condizionare le prestazioni della squadra.

Fare il presidente a Napoli all’ombra di Maradona? È un onore. Un po’ come quando feci il mio primo film con Alberto Sordi. L’ombra di Maradona è un privilegio. Siamo onesti, Napoli non ha vinto molto nella sua storia. Ha avuto grandi giocatori, ha visto il meglio con Maradona. Nei miei dodici anni, il Napoli è l’unica squadra italiana che ha raggiunto l’Europa per sette anni consecutivi. Con i conti in ordine e con risultati straordinari. Ma essendoci stato Maradona, sembra non abbia fatto niente!”