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Sarri: “Voglio restare a Napoli, ma dovrò dire delle cose a De Laurentiis”

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Il tecnico del Napoli, Maurizio Sarri ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha analizzato il momento attuale del club azzurro: ecco le dichiarazioni più importanti.

“Calma, la Juve attuale è la più forte degli ultimi 7-8 anni, ha un organico di grande qualità insieme ad un allenatore straordinario”.

E, dunque?

“Per me, resta la favorita anche stavolta e sarebbe presuntuoso paragonarsi a loro. Non so ancora quale potrà essere il nostro 100 per cento, ma so che non siamo l’anti-Juve che, adesso, è di un altro livello”.

Il primo posto in classifica, però, non è casuale, da due anni il suo Napoli incanta per la spettacolarità del gioco e per la continuità nei risultati.

“Parlare di primato dopo 7 partite è relativo, è un tratto di percorso talmente breve che non è da considerarsi indicativo. La sensazione è piacevole, ma il momento in cui si decide la stagione è ancora lontano”.

Secondo anno consecutivo in Champions, segno che il progetto da lei avviato va avanti e potrebbe completarsi vincendo lo scudetto: ci sarà ancora Napoli nel suo futuro?

“A livello contrattuale si, ma c’è una clausola che permette soluzioni alternative a me e alla società. In questo momento, però, è l’ultimo dei miei pensieri. Mi sento legatissimo alla città e a questo gruppo, poi so che le cose a un certo punto finiscono in maniera naturale”.

De Laurentiis la vorrebbe in panchina per i prossimi dieci anni.

“Al presidente devo qualcosa. È stato l’unico ad aver avuto gli attributi ingaggiandomi. Per me questo è importante, spero che lo stia ripagando. Ci sono tante valutazioni da fare sulla clausola, è bilaterale, non è solo dalla mia parte”.

Intanto sabato, alla ripresa, affronterete la Roma nel primo scontro diretto: sensazioni?

“Di Francesco è molto bravo, la Roma è forte. Le insidie della trasferta sono palesi, la squadra forte ti mette in difficoltà sicuramente. Fin qui ne ha vinte 5 e persa 1 ed ha una partita da recuperare. È sicuramente competitiva, ma il mio Napoli è lanciato”.

Ha mai pensato che sarebbe potuto essere l’allenatore del Milan se Berlusconi avesse ascoltato i consigli di Arrigo Sacchi?

“Non sarei durato troppo se è vero quello che ho letto sulle sue intercessioni nel lavoro dell’allenatore. Un presidente che si comporta così difficilmente vince. Invece, lui ha vinto tantissimo, è stato un grande dirigente e, dunque, credo che quello che si dica di lui sia più leggenda che grande verità”.

La critica l’accosta spesso a Sacchi, per questioni tattiche e per la qualità del gioco che sa imporre.

“Per me, il paragone è un insulto ad Arrigo. Lui, ha vinto tanto, io niente. La mia è un’innovazione parziale, la sua è stata totale, quindi è un accostamento per me gratificante, ma non penso sia possibile, in generale. Lui ha scritto la storia del calcio in risultati ed innovazioni e se non ci fosse stato lui, io non sarei esistito: il mio interesse tattico è nato grazie a lui”.

Pep Guardiola ha dichiarato di apprezzare molto il suo calcio: ritiene improponibile anche questo paragone ?

“Diciamo che il mio calcio è simile al suo, anche se lui si è evoluto negli anni. Con Bayern Monaco e Manchester City qualcosa è cambiato rispetto a Barcellona. La filosofia è rimasta la stessa, ma i movimenti li ha modificati, difende e attacca con moduli diversi”.

Tra poco più di una settimana se lo ritroverà contro per il terzo turno di Champions: è già un dentro o fuori per il suo Napoli?

“Trovarmelo di fronte sarà emozionante. Lui è un talento, un fenomeno in evoluzione, credo che il suo calcio segnerà quest’epoca. Fare punti nel doppio scontro col Manchester City potrebbe fare la differenza in questo girone”.

Anche Del Piero s’è detto innamorato del suo calcio, avrebbe lavorato volentieri con lei.

“Anch’io l’avrei voluto. Certe cose dette da un fuoriclasse come lui mi riempiono d’orgoglio, il piacere sarebbe stato reciproco”.

Cosa pensa quando sente parlare di sarrismo, a proposito delle sue idee calcistiche? La sua è intesa come una nuova corrente di pensiero calcistico.

“Non saprei, il calcio l’ho sempre pensato così, poi nel corso degli anni si possono anche cambiare certe idee. Il mio è stato un percorso è stato la somma di tante esperienze maturate, e ora sono anche meno fondamentalista di prima, adesso bado di più alle caratteristiche dei giocatori, rispetto a qualche anno fa. Il mio Napoli ha tecnica e fantasia, può esprimere questo tipo di calcio, che non è detto possa essere replicabile in altri contesti”.

Qual è l’allenatore che è più vicino alle sue idee, al momento?

“Uno che interpreta il calcio alla mia maniera e fa cose importanti è Marco Giampaolo, che stimo come allenatore e come persona”.

La fa arrabbiare l’etichetta di lamentoso?

“Io non mi lamento mai di me e della mia squadra, sono innamorato del calcio e mi piacerebbe vederlo giocato nella sua massima espressione. Non ho mai incolpato nessuno quando perdo, se mi lamento di qualcosa lo faccio dopo una vittoria”.

Accetterebbe di guidare la Nazionale?

“In questo momento no. Poi, l’età avanza, magari tra 2-3 anni potrei cambiare idea come è successo in tante altre cose”.

L’attualità parla della Var e delle polemiche che sta scatenando: da che parte sta?

“Io sono dubbioso, toglie spontaneità ed entusiasmo. Segni, ma l’esultanza è più contenuta, perché non sai se il gol viene convalidato. Qualche errore viene evitato, ma è in fase di sperimentazione. Comunque, sarei per un uso molto moderato”.

Darebbe la maglietta numero 10 del Napoli a Insigne?

“Gli darei anche la 20, la 30, quella che gli piace di più. Sono contrario al ritiro delle maglie, la penso come Del Piero: non si possono togliere i sogni ai bambini e alla gente, il bambino che comincia a giocare e tifa Juve deve sognare di essere il nuovo Del Piero, quello della Roma il nuovo Totti. Per Maradona l’eccezione si può fare, sono d’accordo sul ritiro della maglia: Diego non è stato soltanto un calciatore per questa città”.

Higuain: manca più Sarri a lui o viceversa?

“Affettivamente ci manchiamo a vicenda, abbiamo avuto un ottimo rapporto, è un ragazzo particolare ma di cuore, era sempre piacevole parlare e scherzare con lui. Il calcio è questo, le strade a volte si dividono per tanti motivi e se ti piangi addosso, perché hai perso un giocatore, sei morto. Bisogna guardare oltre”.

La vedremo in panchina, un giorno, senza la tuta?

“In campo mi sentirei fuori luogo in giacca e cravatta e finora non ho cambiato idea”.

Baratterebbe il vizio del fumo con lo scudetto?

“A me piacerebbe vincerlo fumando”.