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Interviste

Boateng: “Koulibaly si è sentito sotto un treno. Salvini dice che non era razzismo? Sbaglia…”

Kevin Prince Boateng

BOATENG RAZZISMO KOULIBALY – Milan-Pro Patria, amichevole del 2013. Una gara che non ricorda con piacere Kevin Prince Boateng. Un pallone preso e gettato sugli spalti, poi la corsa negli spogliatoi e gara sospesa. Sono trascorsi 6 anni, ma nulla è cambiato. L’attuale centrocampista del Sassuolo ha rilasciato una lunga intervista ai colleghi de La Stampa dopo i fatti di Milano in Inter-Napoli.

“Koulibaly? Mi sono sentito male per lui. E anche per me, per tutti. Ho provato dolore. Non è cambiato nulla. Non è stato fatto nessun passo avanti. Anzi, prima a fare i “buu” erano in 50, adesso sono in 10mila. Si tratta di razzismo. Chi fa quei versi reputa le persone di colore come delle scimmie. E questo è razzismo puro. Poi ci sono anche degli ignoranti che vanno dietro a queste persone, ma sotto c’è sempre il razzismo. Ve lo dico io come si sentiva Koulibaly l’altra sera: era sotto un treno”.

L’Italia di oggi è un paese che chiude i porti. Crede che sia peggiorato?

“Non lo so, non voglio parlare di altro. Sicuramente l’Italia non è peggiorata, anche in Germania succedono cose simili. Prima, però, il razzismo era più nascosto, adesso è più palese e sfacciato. Ripeto, a Busto Arsizio erano in 50 a farmi gli ululati, l’altra sera a San Siro erano in 10mila. Qualcosa non va bene. Se Salvini dice che non andava sospesa la gara, si sbaglia. É stato razzismo al 100%. La partita andava sospesa perché Koulibaly si sentiva male. Era il momento giusto di sospendere il gioco, anche perché davanti alla televisione c’erano magari 5 milioni di persone. Sarebbe stato un segnale concreto per far capire a tutti che certe cose non devono più succedere”.

Tra voi calciatori affrontate l’argomento?

“Ne parliamo nello spogliatoio, diciamo che ci vuole coraggio. Dobbiamo alzare la voce, dare segnali, lottare. Altrimenti le cose non cambieranno mai e andranno sempre peggio. Sarebbe stato un segnale forte se un giocatore dell’Inter si fosse fermato davanti agli ululati per Koulibaly. Leggo che tanti su Instagram scrivono che sarebbe meglio ignorare il razzismo. Sbagliato, io l’ho fatto per due anni e non commetterò mai più un errore così grave. Nel calcio abbiamo bisogno di un Colin Kaepernick (giocatore di football che manifestò contro il razzismo, senza contratto dal 2017, ndr), uno disposto a perdere tutto pur di mandare un segnale forte”.

Per lei le società di calcio fanno abbastanza per combattere i tifosi razzisti?

“Le società possono sempre fare di più. Tutti possono fare di più. Non basta mettere una bandiera sul campo “Say no to racism” o ogni tre settimane quando c’è la Champions fare la pubblicità. Si potrebbe fare di più negli stadi e anche fuori. Ad esempio, a scuola: c’è matematica, storia e non capisco perché non si possa insegnare anche a non essere razzisti. Non solo in Italia, ma anche in Germania, Francia o Spagna”.