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Hamsik nella biografia: “Avrei preso tanti soldi in Cina ma il cuore scelse Napoli”

Hamsik
Come già fatto notare precedentemente, nella sua biografia Marek Hamsik aveva già toccato l'argomento del trasferimento in Cina

Come già fatto notare precedentemente, nella sua biografia Marek Hamsik aveva già toccato l’argomento del trasferimento in Cina, spiegando come – secondo il suo parere – andare a giocare lì non dovesse significare tradire Napoli e i napoletani. Hamsik ha poi parlato anche di quando ha scoperto di non aver ricevuto offerte e del nuovo vigore ricevuto dalla notizia. Stavolta, però, l’impressione è che le cose possano andare diversamente.

Hamsik, nella biografia i cenni alle conseguenze della mancata cessione in Cina

Ecco dunque altri paragrafi della biografia di Marek Hamsik:

“Non voglio fare il moralista e sì, lo dico apertamente: il denaro che avrei guadagnato in Cina era davvero tanto, un’assicurazione sulla vita a molti zeri. E un’esperienza in un altro mondo, anche calcistico, mi intrigava non poco. Con Martina avevamo già deciso: in Cina sarei andato da solo. In realtà avevo bisogno di vacanza, dovevo smaltire la stanchezza mentale per una stagione entusiasmante ma tesissima, che sicuramente ci aveva tolto tante energie. Mentali e fisiche. Credevamo tutti allo scudetto, lo volevamo più di ogni altra cosa e ci è sfuggito per un soffio.  E chissà che l’idea di cambiare aria, prima impensabile, non sia maturata anche per questo. Ma per un paio di settimane ho cercato di non pensarci, siamo partiti per le vacanze, non prima di ricevere la telefonata di Carlo Ancelotti, però. È stato gentile, garbato, però non mi ha condizionato. Siamo andati al mare con i bambini senza più pensarci”.

Quando poi ho saputo che di offerte dalla Cina non ne erano arrivate, o che comunque non avevano soddisfatto le richieste del Napoli, è come se avessi avuto un’illuminazione. Anziché rammaricarmi, mi sono ritrovato a gioire. E negli occhi della mia famiglia leggevo felicità. Avevo chiesto al destino di decidere per me, ma la reazione che ho avuto e l’emozione che ho provato mi dicevano ancora una volta che la vera scelta l’aveva fatta il mio cuore. Abbiamo brindato bevendo una birra con gli amici in spiaggia, mi sentivo in pace. Felice e pronto all’anno numero dodici. Sono tornato in Slovacchia nella mia nuova casa, e a mio padre Richard, che come è noto un po’ aveva spinto per vedermi con la maglia di una squadra cinese, ho detto: “Napoli non mi vuole lasciare andar via. E io sono contento”. I genitori hanno sempre uno sguardo un po’ più lungo, e il nostro è un mestiere che ti fa guadagnare molti soldi, ma tutto si concentra in dieci, al massimo quindici anni. Papà ricorda bene i tempi in cui aveva fatto debiti per permettermi di giocare. È una dimensione in cui resti anche quando le difficoltà sono superate. Ma ormai, davanti a un altro bivio, è andata come doveva andare. Ho chiamato Ancelotti: ‘Mister, sono a tua disposizione’, dissi”.