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Quando Ancelotti scrisse a Gattuso: “Eri il mio guerriero, sei la persona giusta al posto giusto”

Gattuso Ancelotti
Ecco la lettera che Ancelotti pubblicò il 9 gennaio del 2018 tramite La Gazzetta dello Sport per il compleanno dell'ex centrocampista Gattuso

L’avvicendamento tra Ancelotti e Gattuso sulla panchina del Napoli viene vissuto da molti quasi come un passaggio di consegne, da altri persino come uno sgarro. In realtà lo stesso Ancelotti, dopo la gara di campionato contro l’Udinese, aveva spiegato come per lui l’ex calciatore fosse un fratello. Qualcosa di facilmente testimoniabile anche dalla lettera che Ancelotti pubblicò il 9 gennaio del 2018 tramite La Gazzetta dello Sport per il compleanno dell’ex centrocampista.

La lettera di Ancelotti a Gattuso

Una lettera toccante, da amico vero, il cui testo si può ammirare di seguito: “Quarant’anni, caro Rino, meritano una lettera d’auguri seria, mica soltanto una telefonata, le nostre solite chiacchiere, i nostri scherzi. Quarant’anni sono un momento di riflessione, c’è abbastanza tempo alle spalle per ricordare e c’è anche tanto spazio davanti per costruire nuove imprese. Adesso che ti vedo sulla panchina del Milan, e ti agiti come un matto, urli, sbraiti, inciti i tuoi giocatori, mi viene da pensare che sei la persona giusta al posto giusto: c’è bisogno della tua passione, del tuo carattere, del tuo spirito di sacrificio per superare gli ostacoli; c’è bisogno anche della tua allegria per sdrammatizzare certe tensioni; e di qualche tua solenne arrabbiatura per svegliare qualcuno che dorme, perché in una squadra, in un gruppo, c’è sempre qualcuno che dorme… In campo eri il mio guerriero. Mai una volta che ti abbia visto mollare, mai una volta che ti abbia visto la maglia pulita, mai una volta che non ti abbia visto fare fatica. È questo che ho sempre ammirato in te: la capacità di arrivare all’obiettivo nonostante la natura non ti avesse dotato di grandi mezzi tecnici. Perché – posso dirlo? – i tuoi piedi non sono proprio il massimo dell’educazione! Però la grinta che ci mettevi tu non ce l’aveva nessuno e, cosa non comune, sapevi trasmetterla agli altri”.