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Storie di sport – Carmelo Imbriani, lo stregone sannita che conquistò Boskov

“Inzaghi? Noi avere Imbriani”, assicura convinto Vujadin Boskov al patron Corrado Ferlaino. Napoli, stagione 1995/96, l’allenatore jugoslavo crede talmente tanto nel giovane attaccante azzurro da farlo debuttare in prima squadra, dicendo no al possibile arrivo di Superpippo, che oggi – vedi le combinazioni astrali – siede sulla panchina della sua città, Benevento, e che viaggia veloce verso la massima serie calcistica. Da quasi sette anni ormai Carmelo ci ha lasciato, insegnandoci a non mollare mai, nonostante le difficoltà, con una grinta che forse lo stesso Boskov gli ha trasmesso. Era un giovane pieno di promesse Carmelo, prima che la morte lo cogliesse nel fiore degli anni. Si dice sempre così, come se la vita di ognuno fosse qualcosa di unico e irripetibile. Se c’è una cosa che Carmelo Imbriani ci ha insegnato, è proprio che la vita è unica e irripetibile. E non si deve mollare un centimetro.

Storie di sport – Carmelo Imbriani, lo stregone sannita che conquistò Boskov

Questa è la storia di un grande atleta, con un volto da ragazzo semplice, il quale sapeva stare al mondo sempre con il sorriso stampato sul viso. Questo è uno di quei giorni a cavallo tra la vita e l’addio ad un grande di questo sport. Abbiamo imparato a conoscerlo a metà anni ’90, quando è riuscito ad emergere, a giocarsi un posto tra i grandi del calcio e senza mollare ha iniziato ad accarezzare quel sogno che coltivava fin da quando era bambino. Un’icona del Napoli, ma soprattutto del Benevento, è Carmelo Imbriani. Cresciuto nel settore giovanile azzurro dell’ex presidente Corrado Ferlaino, debutta a poco più di diciotto anni in Serie A con Marcello Lippi che lo fa debuttare in maglia partenopea il 27 febbraio 1994. Il suo debutto da titolare viene rimandato di un anno, il 14 maggio 1995 con Boskov, per l’appunto, che a Brescia lo lancia dal primo minuto. Fiducia ripagata nel migliore dei modi dal giovanissimo Imbriani che, schierato come seconda punta, sforna una prestazione memorabile: un gol (il primo nella massima serie) e un assist per la rete del condor Agostini, vestendo tra l’altro la numero 10, che per i tifosi del Napoli è molto più che un simbolo. L’allenatore jugoslavo decide di puntare su di lui per tutta la stagione: il ragazzino dalla faccia pulita e le buone maniere incomincia a farsi notare tanto da essere convocato da Cesare Maldini in nazionale Under 21. Nel 1996 il Napoli lo cede in prestito in C1 prima alla Pistoiese e poi la stagione successiva al Casarano. Rientra alla base nel 1998 ma viene girato ad inizio stagione al Genoa. Poi tanto girovagare, fino al rientro a casa, a Benevento, datato 2002/2003. Carmelo abbandona per due volte la sua città e la sua squadra del cuore: la prima volta per un anno nel 2003, quando va alla Salernitana, la seconda volta sempre per una stagione nel 2005 per andare a Catanzaro e poi ritornare e diventare fino al ritiro agonistico bandiera degli stregoni. Difatti, dalla stagione 2006 Imbriani veste la maglia numero 7 giallorossa dei sanniti, convola a nozze con l’amata Valeria nel 2009 e assapora l’amarezza di non essere arrivato in B con la squadra del cuore. Lascia il calcio giocato per intraprendere la carriera di allenatore sempre nella sua città: prima diventa mister degli allievi nazionali sanniti, successivamente è promosso come allenatore della prima squadra.

Il 2012 è un anno orribile per tutti quelli vicini a Imbriani: durante un ritiro estivo con la squadra gli è diagnosticato il morbo di Hodgkin: tantissimi sono stati i calciatori, i dirigenti, i tifosi e le società al suo sostegno. Ricordiamo Marek Hamsik nel 2013 che, dopo una rete al San Paolo contro il Catania, corre verso la panchina e mostra una maglietta bianca con la foto di Carmelo e con la scritta “Imbriani NON MOLLARE”, a nome dell’iniziativa che l’amato fratello Gianpaolo continua ad abbracciare ancora oggi che Carmelo non c’è più e che nasce con lo scopo di diffondere i valori di lealtà sportiva e di antirazzismo che hanno contraddistinto la figura di Imbriani. Muore il 15 febbraio del 2013, cinque giorni dopo aver compiuto 37 anni, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo del calcio e non solo. Se quel maledetto linfoma di Hodgkin non lo avesse ucciso, oggi Carmelo Imbriani sarebbe sicuramente al Vigorito ad applaudire il suo Benevento impegnato nella corsa alla serie A guidato da quel Filippo Inzaghi al quale, per uno sliding doors davvero singolare, è stato particolarmente legato durante la sua carriera agonistica.

“Il calcio finisce, la vita resta e voglio sempre dare, come uomo, un ricordo importante” (Carmelo Imbriani)

di Andrea Fiorentino

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