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Ed è rete: si gonfia la rete, episodio 1 – La punizione “divina” di Maradona

Maradona
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Ed è rete: si gonfia la rete è una rubrica ideata col proposito di descrivere i gol che hanno fatto la storia del Napoli. Un autentico viaggio attraverso le emozioni che hanno segnato gli attimi più importanti del club partenopeo. Un resoconto, o meglio, un racconto delle grandi prodezze che –  nel loro significato simbolico – hanno fatto sognare il golfo più bello del mondo.

“Maradona ha rappresentato per Napoli qualcosa di molto importante: è stato il riscatto, il vanto della città. Quello che ha fatto lui a Napoli lo hanno fatto solo Borbone e Masaniello”.  Con questa celebre frase Pino Daniele esprime alla perfezione ciò che El Pibe de Oro significa ancora oggi per la città di Napoli.

Era il 4 luglio 1984, Diego Armando Maradona approda al Napoli per una cifra record di 13,5 miliardi di lire. Il giorno dopo viene presentato ufficialmente al San Paolo. Una folla gremita, 60 mila persone creano uno spettacolo inimmaginabile. Diego è sbalordito a tal punto che, salendo gli scalini dello stadio, dirà a Claudia – la ragazza che lo accompagna – “Aiutami Claudia! Aiutami a sopportare quest’onda d’amore, aiutami a non deluderli. Aiutami perché sono così simili a me”.

Il resto è storia. Una storia d’amore sbocciata un anno dopo, precisamente il 3 Novembre 1985. Quel giorno Diego, in uno dei Napoli-Juve più cari ai tifosi napoletani, disegnerà la parabola che lo trascinerà di diritto nell’olimpo del calcio.

 

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La prodezza di un genio

Minuto 70, l’arbitro Redini fischia una punizione a due in aria di rigore per il Napoli. Da quell’istante seguono 180 secondi, attimi interminabili che separano Maradona da una prodezza storica. Ripercorriamo insieme i momenti che precedono la punizione “divina”.

Il 3 novembre 1985 il Napoli di Ottavio Bianchi ospita la Juventus di Trapattoni, strapotenza del calcio italiano, abituata a dominare il campionato da 10 anni. La formazione partenopea è reduce da un misero ottavo posto della stagione precedente.

E’ la nona giornata di campionato, 8 vittorie nelle prime 8 partite per i bianconeri, al contrario il Napoli fa fatica ad ingranare. El Pibe de Oro è l’emblema dell’inizio di stagione degli azzurri: colleziona solo 3 reti, di cui una su rigore. Quel giorno però la storia sembra prendere una piega diversa. Diego cerca l’occasione per entrare di diritto nel cuore dei napoletani. Quale miglior occasione se non LA partita più sentita in città?

Domenica insolita. Il clima è simile a quello di Torino, giornata fredda e piovosa. La platea, però, è quelle delle grandi occasioni. Il San Paolo è strapieno. 85.000 spettatori, ombrelli aperti e tifosi aggrappati alle balaustre. Il primo tempo è tutto del Napoli, ma si chiude a reti inviolate e con le espulsioni di Bagni (Napoli) e Brio (Juve). La ripresa segue lo stesso copione, Diego ha subito due occasioni clamorose: un colpo di testa fuori di poco e un tiro ravvicinato di destro respinto da Tacconi. La Juventus continua a subire, la formazione di Ottavio Bianchi gioca meglio e crea di più.

Arriva il minuto 70. Bertoni aggancia un pallone insidioso in aria di rigore juventina, la sfera rimbalza molto alta e Scirea nel tentativo di calciarla via alza troppo la gamba colpendo la testa del giocatore del Napoli. L’arbitro Redini non ha dubbi e assegna un calcio di punizione a due (quando ancora venivano fischiati). Seguono 3 minuti di proteste. Il Napoli contesta la posizione della barriera, palesemente troppo vicina. “Smettetela di lamentarvi, tanto gli faccio gol comunque” – dirà Diego ai suoi compagni.

La palla è posizionata a 10-12 metri dalla porta, la barriera è distante 5 metri (non 7 come da regolamento). Il 10 azzurro dice a Pecci di toccarla all’indietro, di tutta risposta il centrocampista gli intima di non tirare: “Non ci passa Diego, sei pazzo? Non c’è spazio, la vedi dov’è la barriera?”. Alla fine si arrende: “Fai come vuoi, tanto Maradona sei tu”.

E’ il 73’, Pecci tocca appena la palla, Scirea e Cabrini lasciano la barriera per controbattere il tiro, El Pibe de Oro la accarezza di interno sinistro generando una traiettoria impossibile che si insacca alle spalle di Tacconi. Il pubblico è in visibilio, ancora inconscio di aver assistito alla prodezza di un genio. Il gol è decisivo, la partita termina 1-0. Diego viene osannato.

Il simbolo di una “rivolta” popolare

Quel giorno la storia cambierà. Questo incredibile gesto tecnico è considerato il climax dell’incredibile carriera del fenomeno argentino. Da quel momento la stagione di Diego cambierà radicalmente, chiuderà il campionato come miglior marcatore del Napoli e andrà a vincere praticamente da solo il mondiale di Messico ’86.

Quella che Ottavio Bianchi chiamerà “la punizione divina” nasconde un significato simbolico fortissimo. L’immaginario collettivo di tutto il mondo partenopeo cambierà drasticamente. Quella magia darà consapevolezza a tutto l’ambiente che si, è possibile vincere. Maradona diventa il leader di uno dei più grandi Napoli di sempre, condottiero della rivoluzione popolare napoletana contro le strapotenze aristocratiche del nord.  Nasce, dunque, quel Napoli che l’anno seguente si laureerà campione d’Italia per la prima volta nella sua storia.

Una sinfonia corale, paragonabile alla sinfonia n.9 di Beethoven, il quale conferì alla composizione un’impronta patriottica con l’esaltazione dei sentimenti tipica del Romanticismo. Si, Romanticismo, un movimento cui quel tocco pittoresco diede vita anche nel calcio, segnando il tramonto di Michael Platini e l’alba di Diego Armando Maradona.

AZZURRO SBIADITO – NICOLA ZANINI, L’ULTIMO CAMPIONE DELL’ULTIMO NAPOLI

Antonio Del Prete

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