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Bologna, Riccardo Bigon: “Sono sempre stato il figlio di papà. A Napoli mi scrissero anche moccioso raccomandato”

Lunga intervista concessa a Il Foglio Sportivo dall’ex diesse azzurro Riccardo Bigon, figlio dell’amatissimo (dalla piazza partenopea anche – e soprattutto – per la conquista del secondo titolo nazionale) Alberto che, con molta franchezza, dichiara le difficoltà sempre incontrate per essere figlio di… “Anche a scuola lo ero. Papà mi ha sempre fatto capire il valore dei soldi, aveva una Regata. La malattia di Mihajlovic ha segnato tutti noi”.

Bologna, Riccardo Bigon: “Sono sempre stato il figlio di papà. A Napoli mi scrissero anche moccioso raccomandato”

“Sono cresciuto con la mentalità del classico lavoratore veneto, lavora e fai, tira su le maniche e fai. A me e mia mamma Valeria non ci è mai mancato nulla, ma non abbiamo mai avuto la Ferrari, papà girava con una Regata, al massimo col Golf. La mia prima auto fu una Fiat Uno, me la comprò papà. Il valore dei soldi l’ho sempre avuto e l’ho tenuto stretto, il telefono lo cambio quando si rompe, non sono mai entrato nel consumismo. E il giro di soldi che vedo nel nostro mondo, nel mondo del calcio, di cui in parte usufruisco anch’io, mi tocca dentro”. Mihajlovic e la leucemia: “Nei giorni precedenti i dottori ci avevano detto che poteva essere qualcosa di grave, qualcosa di brutto. Ma quello fu un colpo devastante. Il cervello mi andò in tilt, per dieci, quindici secondi non pensai a niente, la testa vuota, io immobile sul letto. Uno choc. E adesso cosa facciamo? Ma che cazzo te ne frega di cosa facciamo noi: che cosa fa lui? Ho pensato alla sua famiglia, alla mia. Non c’era nessuna procedura per una cosa come quella, nessun programma a cui attingere. Sono esperienze che ti segnano. Ho un’immagine del mister che mi è rimasta dentro. La sera della salvezza, a Roma, l’anno scorso. La cena si trasformò in una festa, c’era la musica, i giocatori cantavano e ballavano e lì ho visto Sinisa, un altro Sinisa, l’uomo che magari a volte sembra duro, impassibile, e invece è dolce. La situazione lo consentiva, non eravamo più nel frullatore come dico sempre io. In quel preciso momento di relax l’ho visto sorridere di un sorriso inaspettato, disarmante, il sorriso che gli illumina la faccia ed è contagioso. Gli allenatori hanno sempre qualcosa in più, altrimenti non avrebbero il ruolo che hanno. Sinisa è ironico, in tanti ci cascano: lui dice una cosa forte, ruvida, ma è un tranello, è già lì che sta per ridere con la bocca storta”. Il Napoli, i trascorsi paterni… “Non sporcare il nome di mio padre, il nome che ho addosso, sinonimo di signorilità, di pulizia, e poi vedere realizzato un piccolo sogno di tutti i figli di, cioè farlo diventare padre di. Sono sempre stato il figlio di Bigon, a scuola, quando andavo a giocare a pallone. Ah, sei il figlio di Bigon. A Napoli una delle prime partite mi scrissero: ‘Moccioso raccomandato non sei degno di parlare del nostro passato’. Ma la verità è che un padre del genere ti fa vedere chi sei. Una volta, anni dopo, un giornale pubblicò una foto di me e mio padre. La didascalia diceva: ‘Albertino papà di Riccardo’. Bene. Secondo obiettivo raggiunto. A lui ho rubato la capacità di gestire le cose”.

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