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Focus Napoli, Demme: il grimaldello azzurro del centrocampo di Gattuso

Diego Demme

Rischiava di finire nel dimenticatoio quando il suo allenatore ha proposto uno scacchiere diverso da quello che, giocoforza, era il suo credo. Il ruolo dell’ex capitano del Lipsia però, dopo un inizio in sordina, si sta rivelando molto importante, non solo in termini di equilibrio. Gestisce e indirizza, impreziosisce anche.

Focus Napoli, Demme: il grimaldello azzurro del centrocampo di Gattuso

Diego non è un giocatore qualunque. Del resto lo si poteva intuire già dal fatto che lasciasse (durante la scorsa sessione di mercato invernale) – da capitano – il Lipsia capolista in Bundesliga per approdare in un Napoli in crisi identitaria e di risultati. Una scelta di cuore, certamente. Alla chiamata di Gattuso e alla tentazione di dare gioia all’intera famiglia Demme (in particolar modo papà Vincenzo) ha mollato senza pensarci due volte la Germania, dov’è nato, cresciuto e pasciuto, per la squadra che fu del più grande di tutti i tempi che, guarda caso, porta il suo nome. E non per caso. Ha ereditato con ardore e abnegazione subito le chiavi di quel centrocampo di sarriana memoria che – con maestria e tempi – gestiva l’italo-carioca Jorginho, poi il peso della fatica è stato inevitabile e la brillantezza ne ha risentito. È tornato nelle ultime uscite, pronto a dare il suo contributo, il suo senso dell’equilibrio. Diego è l’emblema del centrocampista descritto da Luciano Ligabue ne “Una vita da mediano”. Lotta su ogni pallone, vive la sua vita calcistica in mezzo al campo a calamitare palloni e a distribuirli ai propri compagni di squadra. Per Rino era (è) l’uomo che dà equilibrio al centrocampo e che, facendo scudo davanti alla difesa, permetteva agli altri di preoccuparsi di offendere senza molti patemi. La retroguardia azzurra è schermata infatti dall’ex Lipsia, un giocatore che, alla soglia dei trenta, come il buon vino migliora con gli anni e fornisce prestazioni di altissimo livello. È stato costretto ad un riposo forzato dopo le tante giocate nello scorso campionato. E già col Rijeka si sono visti quelli che poi sono stati i risultati raccolti contro la Roma, il cuneo, il grimaldello che ha stoppato sul nascere l’imprevedibilità dei giallorossi di Fonseca, è stato proprio Diego Demme. Ha infestato la partita dei capitolini praticamente dall’inizio alla fine, iniziando a disegnare (anche quando non aveva il pallone) geometrie per fluidificare la manovra dei suoi. Quando c’era bisogno di accelerare c’era Diego, quando era il momento di rallentare la manovra, c’era Demme. Ancora. Basta un dato: 89% di passaggi riusciti. Dunque a conti fatti, pur riconoscendo la giusta importanza all’approccio mentale del Napoli alla partita, tuttavia, la decisione di mettere (e confermare, dopo la brillante prova in Europa League qualche giorno prima) Demme dal primo minuto in un centrocampo a tre è stato l’equivalente di una mossa d’apertura scacchistica, che ha deciso il contesto all’interno del quale la partita si sarebbe giocata. Nel nome di Diego, fatte le dovute proporzioni certo e senza fare paragoni insostenibili. Guida in campo, bravo ad usare il joypad anche a livello virtuale. Demme è pronto per riprendersi e telecomandare il Napoli.

Andrea Fiorentino

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