Classe, tecnica pura abbinata a velocità di pensiero e naturalezza nell’esecuzione della giocata. Uno come Piotr Zielinski di qualità ne ha tantissima e fin da giovanissimo. Così tanta da lasciare sbalordito lo scout Valentino Angeloni, oggi responsabile del settore giovanile della Fiorentina. Angeloni avendolo visionato ad un Torneo internazionale a Murcia nel 2011 non esitó nel segnalarlo all’Udinese che poi lo porterà in Italia. “Faticavo a capire se fosse destro o mancino, aveva qualità tecniche fuori dal comune. Alla prima partita fece uno stop con il tacco sinistro e lancio di destro di 30 metri, semplicemente straordinario”.
Zielinski, lo scopritore: “Ha qualità tecniche fuori dal comune, dissi a Pozzo che era un fenomeno! Ruolo? Può giocare ovunque” [ESCLUSIVA]
Quella per portarlo a Udine fu una trattativa lampo, che ricordi ha di quei giorni?
“Dopo averlo visto chiamai immediatamente il patron Pozzo dicendo di aver visto un fenomeno. Lì entra in gioco la bravura di Gino nel portare a termine la trattativa, anticipando la concorrenza. Appena arrivato a Udine, Piotr fu invitato a giocare una partitella contro la Primavera in cui lasciò tutti a bocca aperta, era devastante. Che affare portarlo in Italia per soli 100mila euro!”
Secondo lei in che ruolo del centrocampo uno con le sue caratteristiche può esprimersi al meglio?
“Zielinski é un giocatore molto duttile, dotato di un’intelligenza calcistica incredibile. Può fare sia il regista, che la mezz’ala, che il trequartista grazie ad enormi capacita tecnico-tattiche che gli permettono di fare al meglio entrambe le fasi. La prima partita in cui lo andai a vedere giocó trequartista dietro la punta, la partita dopo fece il regista. D’altronde uno con la sua visione e la sua capacità di calciare con naturalezza con entrambi i piedi, può giocare davvero in ogni ruolo.”
Zielinski è sicuramente un giocatore che è cresciuto tanto. C’è un aspetto in cui lei lo ha visto migliorare nel corso degli anni?
“Piotr da ragazzo era un giocatore che sicuramente spiccava per la qualità delle sue giocate e la semplicità con cui le metteva in pratica, ma fisicamente era più gracile dei suoi compagni. Ora é un giocatore molto più strutturato, che ha gamba, tiene bene botta e non si fa spostare facilmente. Ha avuto un grande miglioramento da quel punto di vista”.
Quali sono le dinamiche e i criteri fondamentali nella valutazione di un giocatore?
“È fondamentale arrivare prima degli altri e studiare meticolosamente ogni singolo ragazzo. Ci sono molte variabili a seconda dell’età del calciatore e dalle esigenze della società. La valutazione è un insieme di cose ma sono fondamentali le capacità condizionali come tecnica o velocità e le sensazioni che un giocatore ti dà, che sono puramente soggettive. La scelta di un giocatore è anche frutto di un grande lavoro d’insieme, di confronti e condivisione delle decisioni. Si crea una sorta di alchimia nel giudizio. Solo così si riesce ad avere una visione completa del ragazzo”.
Nella stagione 2013-2014 ha lavorato al Sunderland in Premier League. Quali differenze nell’approccio al lavoro e nella ricerca dei giocatori ha trovato rispetto all’Italia?
“L’esperienza in Premier League é stata formativa per me sia dal punto di vista professionale che da quello personale. Ti confronti con un campionato completamente diverso e di conseguenza devi effettuare una ricerca differente. Ma come in tutte le nuove realtà te ne accorgi solo dopo un po’ che entri dentro al meccanismo, è necessario un periodo di adattamento. In Inghilterra sono richieste doti atletiche e tecniche importanti mentre si può chiudere un occhio dal punto di vista tattico.
Io qualche giocatore col senno di poi non lo avrei preso, ma non si può dire che nel complesso fu un’esperienza negativa. Sicuramente con delle difficoltà, come tutte le sfide. La squadra si salvó pur avendo pochissimi fondi, a gennaio tutte le squadre che lottavano per non retrocedere si rinforzarono con spese importanti, noi prendemmo solo Marcos Alonso. Vincemmo sia il derby di andata che quello di ritorno e andammo a Wembley a giocarci la finale di Coppa di Lega, poi purtroppo persa contro il City”.
Un giocatore per emergere ha bisogno non solo di buona tecnica ma anche di determinate condizioni favorevoli. Un giocatore che le sembrava fortissimo ma che non ha poi reso come ci si aspettava?
“Ce ne sono tanti. Mi viene in mente Cabezas, 18enne attaccante proveniente dall’Ecuador scovato quando ero all’Atalanta. Aveva deciso le due semifinali di Copa Libertadores contro il Boca, segnando in entrambe le gare. Fu capocannoniere al Sub20 con la sua nazionale. Un giocatore dominante nonostante la giovane età. Purtroppo arrivato a Bergamo complice anche un infortunio le cose non andarono per il verso giusto.”
Lorenzo Cascini
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