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Roma, l’ex enfant prodige Davide Santon dà l’addio al calcio: “Sono costretto a smettere”

Davide Santon

Era stato il giovane rivelazione dell’Inter di José Mourinho (lo chiamava affettuosamente il bambino). Per lui si erano anche aperte le porte della nazionale dei grandi. Gli infortuni l’hanno accompagnato sin da subito e l’hanno costretto a fermarsi, definitivamente, a soli 31 anni…

Roma, l’ex enfant prodige Davide Santon dà l’addio al calcio: “Sono costretto a smettere”

Visto da subito come il laterale (ambidestro) del futuro azzurro, Davide ha dovuto chiudere la sua esperienza alla Roma e la carriera agonistica. La sua intervista, in esclusiva, ai microfoni di Tuttomercatoweb.

“Sono costretto a smettere di giocare. Non per non aver avuto offerte, non per altro, ma perché il mio corpo, con tanti infortuni avuti in passato, non ce la fa più”. Si racconta in una lunga intervista con la sincera lucidità di un uomo di trentuno anni. “Sono costretto a farlo. Non voglio, ma devo”, mentre la chiacchierata è un centrifugato di ricordi, emozioni, rimpianti, coscienza. “Nel primo anno in cui sono stato messo fuori rosa, ho vissuto un controllo dopo l’altro ma non c’è niente da fare: l’unica cosa sarebbe rischiare di avere delle protesi. Ancora riesco a camminare sulle mie gambe ma per fare il giocatore professionista serve altro. Se devo giocare con la paura, non lo faccio – prosegue Davide Santon -. E gioco da anni con paura, però mi sono adeguato, lavorando, tenendo botta. Però non giochi mai sereno, hai sempre paura: fai il compitino… Ho iniziato a giocare perché mi divertivo e negli ultimi anni era una sofferenza. Ho detto che se devo andare avanti, non è quello che voglio fare. C’erano alcune offerte però…”. E rivela: “Mi dicevano stai a rubare i soldi a Roma. Figuriamoci: col club eravamo a posto sul salutarci, il punto è che non riuscivo a passare le visite mediche altrove. Ho sofferto i primi mesi. Ho avuto tempo di pensarci, di riflettere. Quando ero fuori rosa a Roma, ho avuto un primo periodo dove ho sofferto: non mi aspettavo questo finale di carriera. Volevo giocare, divertirmi, purtroppo ho avuto tutto subito ed è andato a scalare. Però bisogna accettare: ho pensato tanto, ho la famiglia, due bambine, ora mi dedico a quello e poi vedrò se restare nel calcio o in un altro ambito”. Mou. “Con Mourinho ho vissuto il periodo più glorioso ma non lo metto tra i più sereni: ero giovane, c’era tanta pressione nell’ambiente. Quando devi vincere è giusto che sia così”. Il rimpianto più grande. “Quando mi sono infortunato a diciotto anni in Under 21, mi sono fatto male perché mi hanno fatto un’entrata. Sentii che il ginocchio si era rotto, mi faceva male: a fine primo tempo sono entrato negli spogliatoi, lo sentivo male, il secondo allenatore mi disse abbiamo bisogno di te, tieni botta e decisi di non mollare. Giocai tutto il secondo tempo col ginocchio rotto e lo sfondai. Da una fratturina diventò una fratturona. Invece di fermarmi, di ascoltare il corpo, decisi di andare avanti”. Il futuro. “Ci devo pensare. Ma non so se continuare in questo mondo oppure no, magari anche il commentatore. Devi avere lo stimolo dentro, ti deve partire la scintilla giusta in quello che fai e lì deciderò bene cosa fare, con amore e voglia”.

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