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Il Napoli compie 97 anni: la storia del club campano

La Società Sportiva Calcio Napoli, compie 97 anni. Questa la storia del club campano, che nel corso della sua storia è riuscito a diventare la maggior rappresentazione del Sud Italia, soprattutto nel periodo tra gli anni ’80 e ’90, che hanno portato ad una vera e propria rivalsa di un popolo.

Il Napoli compie 97 anni: la storia del club campano

Il 1 agosto del 1926, venne fondata l’Associazione Calcio Napoli con a capo, il primo presidente della storia del club campano, Giorgio Ascarelli. Il percorso della squadra partenopea non cominciò nel migliore dei modi, visto che nella prima stagione nel Campionato Nazionale arrivò ultima nel Girone A, realizzando solo 1 punto in 10 giornate contro il Brescia. Il primo trionfo azzurro, però, risale al 10 aprile del 1927, quando il Napoli superò l’Alba Audace per 2-1 nella Coppa CONI. Nelle stagioni successive, con l’arrivo di Antonio Vojak ed il tecnico William Garbutt, anche gli azzurri cominciarono a rientrare tra le grandi compagini italiane, riuscendo, solo nella stagione 1933-34, a disputare la prima Coppa Europa, ritenuta al tempo la massima competizione continentale.

La prima retrocessione in B e la rinascita

Dopo alcuni campionati senza particolari sorprese, nella stagione 1941-42, il Napoli si classificò penultimo nella massima serie italiana, retrocedendo per la prima volta nella storia della società campana in Serie B. Il ritorno in Serie A tardò ad arrivare, giungendo soltanto nel 1946, ma non durò molto, ed infatti, gli azzurri dopo solo due stagioni furono condannati nuovamente alla B, questa volta non sul campo ma dal CAF, a causa di alcuni illeciti sportivi. Negli anni successivi, dunque, la panchina venne affidata ad Eraldo Monzeglio, che riportò la squadra nella massima serie e avviò un lungo periodo alla guida del club partenopeo. Gli anni ’50, a differenza del decennio precedente, riuscirono a regalare molte emozioni ai tifosi azzurri, che con il presidente Achille Lauro videro sotto l’ombra del Vesuvio calciatori di notevole importanza come Bruno Pesaola, Hasse Jeppson e Luis Vinicio.

Gli anni 60: dall’inaugurazione del San Paolo al cambio di proprietà

All’inizio degli anni 60, il Napoli inaugurò un nuovo stadio, il San Paolo. Nel tempio che ha permesso a numerosi supporter di avvicinarsi alla conoscenza della compagine azzurra, la prima stagione non andò bene ed infatti gli azzurri, al tempo affidati a Bruno Pesaola, tornarono il Serie B. Nonostante ciò, però, quell’annata nella seconda serie italiana, permise ai campani di vincere il primo trofeo nella loro storia, la Coppa Italia 1961-62 divenendo, insieme al Vado, l’unica società ad aver vinto tale competizione non militando in Serie A. Tale successo, dunque, offrì al Napoli la possibilità di partecipare in una competizione UEFA, la Coppa delle Coppe. Nel mentre, però, il potere della famiglia Lauro cominciò a scemare, fino al 18 gennaio 1969, quando Corrado Ferlaino decise di acquistare una squadra sull’orlo del dissesto finanziario.

L’era Ferlaino: la rinascita di Napoli, da Maradona agli scudetti

Con l’arrivo dell’ingegnere Corrado Ferlaino nella presidenza del Napoli, la compagine partenopea raggiunse ottimi risultati nel campionato italiano, anche grazie agli acquisti di Sergio Clerici, Giuseppe Bruscolotti e Tarciso Burgnich, dove si posizionò in più occasioni tra le migliori 3 della Serie A. Nel 1976, inoltre, gli azzurri acquisirono anche la seconda Coppa Italia, superando in finale il Verona. Nonostante l’ottimo percorso del club, però, gli anni successivi non furono allo stesso livello, fino al 1981, quando con il libero olandese Ruud Krol, tra i protagonisti di quell’annata, sfiorò nuovamente il tricolore. La vera e propria svolta, però, si ebbe nell’estate del 1984. Il 30 giugno, durante la sessione estiva di calciomercato, il presidente Ferlaino decise di portare in azzurro il campione argentino Diego Armando Maradona dal Barcellona, per la cifra record di 15 miliardi di lire. Sotto la conduzione tecnica di Ottavio Bianchi, il club azzurro attese solo 2 anni dall’approdo del talento con la numero 10, prima di poter conquistare il primo scudetto nella stagione 1986-87, vincendo al contempo la terza Coppa Italia, e divenendo il primo club del Meridione a riuscire in tale impresa. Cominciarono a fiorire, così, grandi emozioni anche in campo europeo, dove nel 1989 Maradona e compagni riuscirono a strappare la Coppa UEFA, nella doppia finale,  allo Stoccarda. L’ultimo tango argentino, però, risale alla stagione 90-91, quando con Alberto Bigon sulla panchina, il Dio del calcio portò a casa per il proprio popolo un altro scudetto e la prima Supercoppa italiana, ottenuta superando nettamente la Juventus per 5-1.

Il declino azzurro: dall’addio di Maradona al fallimento

Nel 1991 Diego Armando Maradona, a causa di alcune vicissitudini personali, fu costretto a lasciare Napoli e l’Italia. Dall’addio del Pibe de Oro, cominciò la discesa dall’Olimpo del Napoli, che prima scivolò al quarto posto, per poi indietreggiare ancor di più nella stagione successiva, concludendo al sesto posto. La crisi finanziaria, inoltre, costrinse il club di Ferlaino a privarsi dei suoi uomini migliori: partendo da Ganfranco Zola, passando per Ciro Ferrara e concludendo con Fabio Cannavaro. Prima degli anni 2000, i tifosi partenopei ottennero come ultima soddisfazione la finale di Coppa Italia contro il Vicenza, che però vide sconfitta la squadra di Vujadin Boskov. La crisi azzurra raggiunse l’apice nella stagione 1997-98, con l’ultimo posto e la retrocessione in Serie B dopo 33 anni nella massima serie. Per tornare in Serie A i supporter campani dovettero aspettare il nuovo millennio, per poi retrocedere nuovamente dopo solo un anno. La società, in quegli anni, provò a ricompattarsi, prima con l’entrata di Giorgio Corbelli e poi di Salvatore Naldi, ma ciò non portò benefici al club. Tale situazione finanziaria carente, dunque, portò nell’estate del 2004 al fallimento del club ed alla conseguente perdita del titolo sportivo.

Il rilancio del Napoli: De Laurentiis acquisisce il titolo sportivo

In quel periodo furono numerosi gli imprenditori che provarono a rilevare il titolo della curatela fallimentare del Tribunale di Napoli, ma a riuscirvi fu il produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis. Il nuovo presidente, iscrisse sin da subito la squadra alla terza serie, con la denominazione di Napoli Soccer. Il rilancio della squadra fu affidato al direttore generale Pierpaolo Marino, ed i risultati furono quasi immediati. Sfiorata la promozione al primo anno, con la sconfitta nella finale Play-off contro l’Avellino, la squadra venne affidata sotto la guida tecnica di Edoardo Reja. Il tecnico italiano, in sole due stagioni, riuscì a traghettare la Società Sportiva Calcio Napoli nella massima serie italiana, tornando in Serie A dopo 6 anni di assenza. La prima stagione portò subito un riscontro europeo, con la qualificazione per la Coppa Intertoto dopo un ottavo posto conquistato anche grazie agli innesti di Ezequiel Lavezzi, Marek Hamsik e Marcelo Zalayeta.

Napoli, dall’Europa League alla Champions: il cammino europeo e i successi

Il primo decennio del nuovo millennio si aprì molto bene per il Napoli di Walter Mazzarri, che grazie al sesto posto in classifica riuscì a riconquistare l’accesso all’Europa League. Con Edison Cavani in attacco, il tecnico toscano realizzò un vero e proprio trittico, affiancando il centravanti uruguaiano ai giovani Hamsik e Lavezzi, e divenendo un vero e proprio pericolo per tutte le squadre della massima serie italiana. Grazie alle numerose reti del bomber con la 7 sulle spalle, gli azzurri non dovettero aspettare molto per tornare in Champions League, dove nell’annata successiva riuscirono a tenere testa alle grandi d’Europa, come Chelsea, Manchester City e Bayern Monaco. Dopo 22 anni, inoltre, il club campano nella stagione 2011-12, riuscì a conquistare la Coppa Italia battendo la Juventus in finale. Nel decennio successivo, anche con l’arrivo di Rafa Benitez sulla panchina, continuarono i successi in campo italiano, prima con una Coppa Italia nel 2014 e poi, nello stesso anno, anche con una Supercoppa Italiana. L’addio del tecnico spagnolo, nel 2015, destò numerose preoccupazioni ai tifosi azzurri, che però si dovettero ricredere dopo soltanto 1 stagione dall’arrivo di Maurizio Sarri, che anche grazie al supporto di un super-Gonzalo Higuain, riuscì ad ottenere un secondo posto lottando per diversi mesi con i bianconeri in vetta alla classifica.

Napoli, lo scivolone Ancelotti e lo scudetto di Spalletti

Dopo diverse stagioni con Maurizio Sarri sulla panchina azzurra, a seguire un ulteriore secondo posto alle spalle della Juventus, il presidente Aurelio De Laurentiis scelse di affidare la panchina al plurititolato Carlo Ancelotti. Il tecnico romagnolo, però, nonostante avesse dalla sua parte i numerosi risultati vincenti, sotto l’ombra del Vesuvio non riuscì a regalare particolari emozioni ai supporter azzurri, giungendo a metà classifica nella prima parte della stagione 2019-20. Proprio per questo, dunque, il patron azzurro scelse di sostituirlo con il giovane Gennaro Gattuso, che con la sua voglia di mettersi in luce, nella stessa annata, riuscì a risollevare il morale della rosa, conquistando anche una Coppa Italia. Dopo un ulteriore stagione, però, per la seconda annata consecutiva il club campano non ottenne il pass per la Champions League. Per tale motivo, dunque, il ruolo passò all’ex tecnico di Roma e Inter, Luciano Spalletti. Con l’allenatore di Certaldo, il Napoli ha ritrovato una vera e propria mole di gioco, conquistando nella prima stagione un terzo posto, con conseguente Champions League, e nella scorsa annata, a 33 anni di distanza,  ha concesso a tutti i cuori partenopei di riaccendersi e festeggiare per la vittoria di uno scudetto, che mancava dal periodo Maradoniano. Il novantasettesimo compleanno partenopeo, dunque, diventa un vero e proprio giorno del ricordo, per non dimenticare le sconfitte e mantenere sempre in vita i campioni che hanno dato il via a tutti i nostri successi.

Andrea Alati

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