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CorSport – De Bruyne ha lasciato il calcio della gioia per quello del sacrificio indossando la maglia del Napoli

CorSport – De Bruyne ha lasciato il calcio della gioia per quello del sacrificio indossando la maglia del Napoli

Passare dal giardino di Guardiola all’orto di Antonio Conte (con relativi cavoli tuoi) è un problema. E questo è il problema di Kevin De Bruyne. Lasciare un luogo di delizie per entrare in un posto di lavoro, dal Manchester City del divertimento (tramontato) al Napoli del dobbiamo soffrire. Cambia il mondo, mutano i tramonti. Ma il campione belga ha ben chiaro il passaggio. Sui nuovi compagni e metodi di allenamento ha detto: «Sono io che devo adattarmi a loro, non il contrario». Kevin De Bruyne deve adattarsi al campionato italiano, non il massimo dell’eleganza e del bel gioco, ma campo di battaglie, furbizie, scontri e catenacci, scorie e ruggini. Deve avere il suo tempo per imparare. Ne ha la voglia perché ha scelto liberamente la nuova destinazione, perché ha scelto Napoli e il Napoli. E ha scelto d’essere allenato dal Conte delle cento torture lasciando il Pep delle cento carezze.

Nel giardino di Manchester la palla era tutto, giocare la palla, controllare la palla, passare la palla, vezzeggiare la palla, tenere la palla. Non c’era noia, non c’era sacrificio. C’era gioia. A volte, spesso, era un gioco fine a se stesso. Con la grazia del tocco, il diletto della corsa leggera, la voluttà di una danza sull’erba. Vincere, che nel calcio conta più che nella vita, non era un obiettivo, ma la scontata conseguenza di un divertimento. Il football bailado del City non inseguiva la vittoria. Era la vittoria che andava incontro alla felicità di quel gioco. Un gioco di bambini. Gli avversari lo rispettavano.

Kevin De Bruyne era il principe delizioso in quel gioco di paggi fernandi, lo è stato sin dall’inizio, da quando a Manchester apparve Guardiola che disse facciamo questo gioco, prendiamo la palla e non la molliamo mai, avanti e indietro, da un lato all’altro, senza sudare, con gusto, con piace re, l’incantesimo che ammaliava gli avversari. Fioccavano i trofei a sancire la supremazia del divertimento.

Succedeva però che nell’estasi di quella gioia si inserissero, nelle partite mors tua vita mea della Champions a eliminazione diretta, avversari guardinghi, arcigni, irrispettosi del bello che sapevano spezzare l’incantesimo e umiliavano il divertimento, e il City della palla è mia e la gestisco io non superava i quarti di finale e, una volta che arrivò sul traguardo, fu messo a terra dai maratoneti e dai guerrieri del Chelsea e, un’altra volta, penò a Istanbul per battere l’Inter concretamente italiana con quattro tiri nella porta dei milanesi contro sette e un palo degli avversari.

Il giardino di Guardiola si stava rinsecchendo, il divertimento era alla fine, la palla cominciò a sfuggire alle magie dei Citizens di Manchester. L’altro calcio prendeva il sopravvento, il calcio concreto e atletico del risultato a ogni costo, il calcio tattico tanto italiano.

In questo calcio Kevin De Bruyne ha scelto di lanciare gli ultimi bagliori della sua abbagliante carriera. Si adatterà, lo ha promesso, non sarà più un bimbo con la palla, lavorerà con Conte per offrire il suo genio alla tattica, la palla diventata attrezzo e non più amica, le partite non più godute ma all’occorrenza sofferte, il lavoro al posto del divertimento, il sacrificio al posto della gioia. Giocare lottando. Contrastare avversari irriguardosi. Mettersi a disposizione nella mischia. Kevin potrà essere il leader al servizio di un leader superiore, il gioco-leader che vuole Conte, un gioco tutti insieme, impegno continuo, ostinato, umile, partite da scorticare, avversari da affliggere, prede da non mollare, il risultato unico sovrano. Una interessate esperienza per De Bruyne, dalla sala da ballo alla trincea. Il giardino di Guardiola non c’è più. Nell’orto di Conte bisogna chinare la schiena e sporcarsi le mani. De Bruyne lo farà con la sensibilità del c ampione che sa adeguarsi ai cambiamenti e acquisire un nuovo ruolo per concludere una formidabile carriera.

Carlo Gioia