Umile, instancabile e sorprendente. Emanuele Giaccherini, ex centrocampista della Juventus, del Napoli e della Nazionale, si racconta tra sacrifici, paure e trionfi. Dalla fabbrica al sogno di Euro 2016, passando per l’amicizia con Antonio Conte e un episodio che lo portò vicino alla morte in campo.
Giaccherini: “Ho fatto l’operaio a 15 anni. A Conte devo tutto. In campo ho rischiato di morire”
A differenza di molti colleghi, Giaccherini ha conosciuto davvero cosa significhi fare l’operaio.
“Era il 2000, avevo 15 anni e chiesi io a mio padre di lavorare in fabbrica. Mi svegliavo alle 5.30, rientravo alle 14. Costruivo prefabbricati di cemento, uno dei ruoli più duri. Quell’estate ho capito cosa vuol dire fatica vera”.
Diplomato come perito meccanico, Giaccherini porta ancora oggi quell’esperienza come marchio di vita: “Mi ha insegnato l’umiltà e il valore del lavoro”.
L’incontro con Conte e l’esplosione alla Juventus
Il salto nel calcio professionistico arrivò grazie alla determinazione e alla fiducia di Antonio Conte.
“Fisicamente non ero un calciatore tipico, ma compensavo con corsa, volontà e testa. Conte mi ripeteva sempre che ero forte. Se non fosse stato per lui, non sarei mai arrivato alla Juventus”.
Il ricordo più vivido? “Il mio esordio allo Stadium, Juve-Parma. Non giocai bene, ma dopo la partita Conte mi scrisse: ‘So che puoi darmi molto di più’. Quel messaggio mi tranquillizzò e mi diede forza”.
Euro 2016 e l’abbraccio con l’Italia
La parentesi più luminosa della carriera resta Euro 2016:
“Quella Nazionale era considerata sfavorita, ma Conte costruì un’armata. Dopo il gol alla Svezia cercai subito i miei genitori in tribuna. E prima del rigore contro la Germania ho visto la mia vita scorrermi davanti: i sacrifici, i viaggi in Serie C, le difficoltà. In quel momento davanti a me c’era solo Neuer, che diventava sempre più grande”.
“Ho rischiato di morire in campo”
Durante una partita degli Allievi, un episodio segnò per sempre la sua vita:
“Dopo uno scontro, una costola mi ruppe la milza. Mi portarono in ospedale e mi operarono d’urgenza: avevo un’emorragia interna. Ho rischiato la vita. Ancora oggi devo fare tre vaccini l’anno per compensare la mancanza della milza”.
Napoli, l’esperienza mancata
Dopo l’Europeo, Giaccherini scelse il Napoli di Sarri. Un’avventura che non decollò.
“Volevo restituire alla città quanto avevo ricevuto, ma non mi è stato possibile. Sarri mi vedeva solo come vice-Callejon e non rientravo nel suo sistema. È stato un dispiacere”.
Una vita semplice, tra famiglia e radici
La sua storia d’amore con la moglie nasce lontano dai riflettori: “La incontrai per caso al bar della parrocchia. Mi fece penare, ma alla fine ha capito che non saremmo mai stati la classica coppia calciatore-velina”.
Oggi Giaccherini è tornato a Talla, il paese d’origine:
“È casa mia. Vivo a Firenze, ma a Talla passo le estati e torno a tagliare l’erba con gli amici di sempre. Sono rimasto uno di loro”.