Il presidente della Liga, Javier Tebas, critica duramente il Manchester City e il PSG, sottolineando le differenze economico-finanziarie tra Spagna, Inghilterra e Francia e difendendo il modello di gestione dei club spagnoli.
Liga, Tebas attacca Manchester City e PSG: “Regole diverse, perdite continue”
Il giorno dopo la vittoria del PSG sul Barcellona al 90’, Tebas non ha risparmiato i club europei con regole meno restrittive rispetto alla Liga:
“Il calcio è globale e nelle competizioni europee bisogna confrontarsi con club che hanno un altro sistema. O non hanno controllo economico, o è diverso dal nostro. In Inghilterra sono già preoccupati per il livello di indebitamento del calcio inglese. Puoi essere in perdita per massimo tre anni, ma non per dieci come il Manchester City, che perde soldi e imbroglia da quando esiste con i nuovi proprietari. O come faceva il PSG, che ha avuto perdite di 200 milioni di euro per sette anni consecutivi.”
Nonostante le difficoltà, Tebas ha sottolineato la competitività della Liga:
“Rispetto alla Premier abbiamo 30 titoli europei di vantaggio in questo secolo.”
Il modello economico-finanziario della Liga
Secondo Tebas, le norme spagnole hanno consentito un risanamento graduale ma costante dei conti dei club:
La legislazione prevede oltre 200 articoli che regolano entrate, spese e debiti dei club.
Le principali fonti di entrata sono diritti televisivi, matchday, commerciale e altre attività.
Nessun club è stato liquidato, a differenza di altre realtà europee con debiti ingenti.
“Dovere 700 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate era un po’ vergognoso, no?” ha aggiunto Tebas, sottolineando l’efficacia dei controlli.
Fair Play finanziario e centralizzazione dei diritti TV
Con l’avvio della vendita centralizzata dei diritti televisivi, la Liga ha introdotto un Fair Play finanziario transitorio, che ha permesso di:
Incassare 500 milioni in più in un anno,
Avviare la ristrutturazione del debito,
Garantire che le risorse non finissero in stipendi e lusso, ma servissero a sostenere la stabilità finanziaria dei club.
“Se non ci fosse stato il Fair Play, quei 500 milioni sarebbero finiti ai giocatori, alle Ferrari, alle Porsche, agli yacht e non all’ammortamento del debito pubblico.”