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Conte–Mourinho, la resa dei conti in Champions: da nemici giurati a rivali di prestigio

Josè Mourinho

Domani sera, quando le luci dell’Estádio da Luz di Lisbona si accenderanno su Benfica-Napoli, il fascino della Champions League dovrà dividere la scena con una narrativa personale degna di un film. Per la prima volta nella storia, la massima competizione europea ospiterà il confronto tra due dei “santoni” più vincenti del calcio moderno: Antonio Conte e José Mourinho.

Benfica-Napoli, notte storica: la Champions riunisce Conte e Mou dopo anni di guerra fredda

Sebbene i due condottieri si siano già incrociati sette volte in carriera, come evidenziato da Sport Mediaset, – con un bilancio che sorride all’attuale tecnico azzurro (4 vittorie, 1 pareggio e 2 sconfitte) – non si sono mai sfidati per la “Coppa dalle Grandi Orecchie”. Ma a rendere elettrica l’aria di Lisbona non sono le statistiche, bensì le cicatrici di un passato burrascoso, fatto di un odio sportivo viscerale che ha infiammato l’Inghilterra e che oggi, maturato dal tempo, si è evoluto in un rispetto solenne. La saga iniziò nell’ottobre 2016 a Stamford Bridge. Il Chelsea di Conte annichilì lo United di Mourinho per 4-0, e l’italiano aizzò la folla in delirio. Quello che seguì fu un momento iconico: al fischio finale, lo Special One si avvicinò all’orecchio del rivale sussurrando una condanna morale: “Non si fa così sul 4-0. È un’umiliazione per noi”. Conte rispose da uomo di campo, rivendicando il suo passato da calciatore, ma la miccia era ormai accesa.

Nei mesi successivi, la Premier League divenne il teatro di un duello rusticano senza esclusione di colpi. Volarono parole grosse, insulti personali che andarono ben oltre la dialettica tattica. Mourinho definì Conte un “pagliaccio” per le sue esultanze; l’italiano replicò diagnosticando al portoghese una “demenza senile”. La stoccata sui trapianti di capelli da una parte, la bomba atomica sganciata da Mou con il riferimento alla squalifica per calcioscommesse dall’altra. Sembrava una guerra destinata a non avere fine. Eppure, il calcio sa scrivere anche finali di riconciliazione. L’armistizio fu firmato il 19 maggio 2018, sul prato di Wembley, in occasione della finale di FA Cup decisa da Hazard. Lì, tra i due nemici scese la pace: scuse reciproche, strette di mano sincere e un abbraccio che chiuse definitivamente l’era delle ostilità.

Domani a Lisbona non ci saranno insulti o veleni, ma due strateghi che si studieranno con la stima di chi conosce il peso della vittoria. Sarà una partita a scacchi tra due giganti che, dopo essersi urlati contro, ora sono pronti a far parlare solo il campo nel palcoscenico più prestigioso.

Andrea Alati