E’ stato “Il Fatto Quotidiano” a scoprire come, nonostante il Var, si riescano a pilotare le decisioni degli arbitri in campo. In buona sostanza, il management dell’Aia avrebbe trovato il sistema per essere ancora protagonisti nella vittoria di uno scudetto, oppure di una salvezza? Tutto nasce da quando si è deciso che la cabina Var non fosse istituita in tutti gli stadi, bensì decentrata nel centro operativo di Lissone.
Il designatore Rocchi sarebbe il supervisore che cambierebbe le scelte del Var
Il Fatto Quotidiano lo chiama “il fantasma” ed il tutto è nato dalle affermazioni del guardalinee Rocca, che ha scritto una dura lettera di denuncia sui meccanismi di valutazione della categoria. Nel documento svela che durante l’ultimo Udinese-Parma, il designatore Gianluca Rocchi, lì presente come supervisore, avrebbe bussato alla porta del VAR per segnalare un fallo di mano del difensore. A sostegno di queste affermazioni gravi, il quotidiano sarebbe entrato in possesso della voce originale del VAR. In sottofondo si sentono due colpi: secondo la denuncia sarebbe la bussata di Rocchi alla porta della sala Var. Il documento non è una prova (i rumori potrebbero essere anche altro), ma il dubbio resta. Certo è che i varisti, inizialmente non intenzionati a punire il fallo, cambiano idea e il rigore viene concesso. L’associazione Arbitri del neopresidente Zappi ha chiesto chiarimenti a Rocchi e si rimette alle conclusioni della Procura. Probabile un’inchiesta, e in caso di conferme Rocchi potrebbe rischiare il posto. Anche se la FIGC l’ha blindato con un contratto biennale prima delle elezioni Aia. Se confermato, sarebbe l’ennesima vergogna di cui si sarebbe macchiata la classe arbitrale, poco incline ad accettare il ruolo “terzo”, equidistante tra le parti, perchè fortemente motivata ad entrare nelle decisioni per determinare i risultati delle partite.