Il portiere racconta la sua decisione di lasciare Napoli a gennaio: “Volevo sentirmi protagonista. Il campo mi mancava troppo”
Cagliari, Caprile: “Non ho vinto lo scudetto col Napoli, ma giocare era un bisogno fisico. Ho fatto la scelta giusta”
A volte, le scelte più importanti non seguono la logica delle vittorie, ma quella dell’istinto. È questo il caso di Elia Caprile, portiere del Napoli che a gennaio ha deciso di trasferirsi al Cagliari per inseguire qualcosa che, per lui, era diventato irrinunciabile: giocare.
Ospite del podcast Cronache di Spogliatoio, Caprile ha spiegato con parole sincere la motivazione che lo ha spinto a lasciare una squadra in corsa per lo scudetto pur di ritrovare il campo:
“Il mio è stato un ragionamento semplice. Avevo bisogno di giocare. Per me è un’esigenza quasi fisica: lo stadio, il campo, la responsabilità di una partita, sentire che tutto può dipendere da me… quando non ho questo, mi manca troppo.”
Il bivio: restare per vincere o partire per sentirsi vivo
Nei primi mesi a Napoli, Caprile si è trovato bene, vivendo da vicino un gruppo forte e unito, in piena corsa scudetto. Tuttavia, col passare del tempo, la mancanza di minuti ha cominciato a pesare sempre di più:
“A dicembre mi sono guardato allo specchio. Sapevo di poter vincere lo scudetto, ma mancava il campo. Alla fine, ho fatto quella che ritengo la scelta migliore per me.”
Una scelta coraggiosa, che lo ha portato a Cagliari, dove ha trovato continuità, centralità e, soprattutto, la soddisfazione della salvezza, vissuta da protagonista:
“Io non sono campione d’Italia, ma sono felice. Il mio scudetto è stato arrivare alla salvezza con una piazza storica. L’ho sempre pensato così e rifarei la stessa scelta.”
Il futuro: tra gratitudine e ambizione
Il Cagliari è pronto a riscattarlo e per Caprile si apre ora una nuova pagina, scritta da titolare. A Napoli ha lasciato un gruppo vincente e un’esperienza formativa, ma a Cagliari ha ritrovato la pienezza del ruolo, quella sensazione insostituibile di essere davvero in gioco:
“A Napoli stavamo bene, si respirava qualcosa di speciale. Ma io sentivo il bisogno di altro. E il mio ‘altro’ era tornare a essere portiere in campo.”