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Mondiale per Club, tra critiche, clima e qualità: un debutto che convince. Perché…

Il debutto del nuovo Mondiale per Club FIFA negli Stati Uniti ha diviso il mondo del calcio tra entusiasmi e perplessità. L’edizione 2025, ospitata in un Paese storicamente marginale nella geografia del calcio internazionale, è stata al centro di critiche feroci, spesso eccessive, ma anche di considerazioni legittime, soprattutto sul piano logistico e del calendario. Lo riporta Sportmediaset

Mondiale per Club, tra critiche, clima e qualità: un debutto che convince. Perché…

La prima accusa mossa al nuovo format riguarda l’ingolfamento del calendario calcistico internazionale. Un problema reale, già sollevato da allenatori come Jürgen Klopp e dalle associazioni dei calciatori: il numero di partite annuali è ormai al limite della sostenibilità fisica per gli atleti professionisti. Tuttavia, la vera domanda è un’altra: è il nuovo Mondiale per Club il colpevole principale?

Sorge il dubbio che, piuttosto che attaccare una competizione che per la prima volta attribuisce un titolo mondiale ai club su scala globale, sarebbe più utile mettere in discussione l’esistenza di tornei discutibili o ridondanti: dalla Nations League alla Conference League, dalla Finalissima alla nuova Coppa Intercontinentale annuale, fino all’aumento delle partite in Champions League.

Un’evoluzione naturale del calcio globale
L’introduzione di un vero Mondiale per Club rappresenta, di fatto, l’evoluzione naturale di un sistema calcistico sempre più interconnesso. Se da oltre un secolo esiste una Coppa del Mondo per le Nazionali, perché il calcio professionistico per club – che oggi muove la maggior parte dell’industria calcistica – non dovrebbe avere un equivalente degno?

Dal 1960 al 2004 la Coppa Intercontinentale è stata un primo, timido tentativo di incoronare la squadra campione del mondo, ma si è trattato di una formula incompleta, che escludeva gran parte del pianeta. Solo nel 2005 la FIFA ha preso in mano il progetto, proponendo un mini-torneo tra vincitori continentali. L’edizione 2025, invece, segna il passaggio a una vera competizione globale, allargata e strutturata, con partecipanti provenienti da tutti i continenti.

Le critiche legittime: location e condizioni ambientali
Le critiche più fondate hanno riguardato la scelta degli Stati Uniti come sede inaugurale. Il torneo ha dovuto fare i conti con temperature proibitive, partite sospese per condizioni climatiche estreme e una certa disaffezione del pubblico locale, soprattutto per le partite meno mediatiche. In stadi giganteschi come il Rose Bowl di Pasadena (oltre 80.000 posti), una presenza di 60.000 spettatori può sembrare un flop.

C’è poi il problema del fuso orario, che ha penalizzato fortemente la fruizione televisiva europea: alcune partite sono andate in scena alle 3 del mattino CET, anche se gli incontri programmati alle 18:00 e alle 21:00 locali hanno comunque registrato ottimi dati di ascolto.

Qualità tecnica e valore tattico: la risposta in campo
Nonostante le difficoltà ambientali, la qualità tecnica del torneo ha risposto alle attese. Le squadre partecipanti hanno mostrato un’organizzazione di gioco elevata, con un’intensità tattica spesso superiore a quella delle Nazionali, che hanno meno tempo per preparare le competizioni. Per gli appassionati di calcio, il torneo ha rappresentato una rara occasione di confronto globale, con stili di gioco e filosofie calcistiche provenienti da ogni angolo del mondo.

Le accuse sulla presunta “inadeguatezza tecnica” di alcune squadre si sono rivelate in buona parte infondate. A eccezione dell’Auckland City – club semiprofessionistico neozelandese – nessuna formazione ha mostrato un divario abissale rispetto alle grandi europee o sudamericane. E anche in quel caso, la partecipazione di rappresentanti di ogni continente è un requisito imprescindibile per un torneo che voglia definirsi “mondiale”.

Un torneo figlio del business, ma non solo
Sì, il nuovo Mondiale per Club è anche – inevitabilmente – una grande operazione economica. E come in tutte le attività sportive professionistiche del XXI secolo, il business è parte integrante del progetto. Tuttavia, limitarsi a questo aspetto sarebbe miope. Il torneo rappresenta un passo in avanti nell’equilibrio geopolitico del calcio, nella distribuzione dei ricavi e nella valorizzazione di mercati emergenti.

Chi lamenta l’eccessiva “avidità” del sistema dimentica che la FIFA, come qualsiasi altra multinazionale, agisce secondo logiche economiche globali. E per una volta, il risultato non è stato soltanto un prodotto commerciale, ma anche una manifestazione tecnicamente valida, strutturalmente ambiziosa e potenzialmente rivoluzionaria.

Conclusione: un progetto da perfezionare, non da respingere
Il Mondiale per Club 2025 non è stato perfetto. Ma ha mostrato grandi potenzialità. È un torneo che ha bisogno di essere affinato – a partire dalla sede, dal calendario e dalla comunicazione – ma che ha tutte le carte in regola per diventare uno degli eventi calcistici più importanti del panorama internazionale.

Le prossime edizioni, probabilmente ospitate in Paesi con una cultura calcistica più radicata e condizioni ambientali più favorevoli, rappresenteranno il vero banco di prova. Ma se il calcio è davvero uno sport globale, il Mondiale per Club non è solo legittimo: è necessario.