Il Napoli di De Laurentiis ha chiuso l’era delle plusvalenze come motore principale: con Conte è arrivato il tempo di vincere subito, investendo su giocatori pronti e su infrastrutture che segnano la definitiva consacrazione tra le grandi.
Il futuro è adesso: il Napoli abbandona il modello plusvalenze
Nel secondo decennio della gestione De Laurentiis il Napoli ha scritto la propria rinascita puntando su un modello chiaro: comprare giovani promettenti, valorizzarli e rivenderli al momento giusto. Una formula che ha prodotto plusvalenze mastodontiche, alimentando anno dopo anno il motore economico del club. Basti pensare a Cavani, Koulibaly, Jorginho, Osimhen o Kvaratskhelia: ognuno di loro ha rappresentato non solo un pilastro tecnico ma anche una fonte di guadagno straordinaria, capace di garantire sostenibilità e rilancio.
In questo contesto l’unico vero prospetto capace di garantire una plusvalenza significativa è Rasmus Højlund. A soli 22 anni, acquistato in prestito con obbligo di riscatto, l’attaccante danese non è pensato come pedina sacrificabile nel breve, ma rappresenta il principale asset futuro: la clausola rescissoria, attivabile dal 2027 a circa 80 milioni, lo rende l’unico elemento della rosa con un margine concreto di rivalutazione.
Attorno a lui, invece, sono arrivati calciatori come Lang, Beukema e Milinkovic-Savic, tutti tra i 26 e i 29 anni, oltre a un campione affermato come De Bruyne, oggi 34enne.
Scelte che segnano un cambio di prospettiva: le plusvalenze, un tempo linfa vitale del progetto Napoli, oggi diventano un effetto collaterale e non più il cardine della strategia societaria.
Parallelamente, però, il Napoli sta crescendo fuori dal campo. Il brand è esploso a livello globale e le maglie hanno fatto registrare vendite record: da circa 5 milioni di fatturato iniziale a 30 milioni negli ultimi anni, con la nuova divisa 2025/26 capace di generare mezzo milione di euro online nelle prime 24 ore. Il Maradona sta iniziando ad essere un fortino economico, con abbonamenti ai massimi e uno stadio quasi sempre sold-out.
A completare il quadro ci sono le infrastrutture, il tassello forse più decisivo e complesso per una società che punta a consolidarsi tra le grandi. o scorso 1° settembre Aurelio De Laurentiis ha firmato l’opzione d’acquisto per il terreno di Succivo, destinato a ospitare il nuovo centro sportivo: un investimento stimato intorno ai 60 milioni di euro, interamente finanziato dal club. Sullo sfondo resta invece il tema dello stadio di proprietà, con l’area di Poggioreale tra le ipotesi più discusse, ma per un progetto concreto servirà ancora tempo.
Questo mix di giocatori pronti, brand in forte crescita e strutture proprie rappresenta lo step decisivo con cui De Laurentiis vuole consacrare il Napoli tra le grandi, in Italia e in Europa. Non più soltanto il club che scopre e rivende talenti, ma una società stabile, capace di competere e di vincere. È la conclusione naturale del secondo decennio della sua presidenza: dopo aver garantito sostenibilità attraverso le plusvalenze, ora è il momento di trasformare quella solidità in grandezza strutturale.
La scommessa, tuttavia, porta con sé dei rischi. Senza plusvalenze forti il Napoli diventa più esposto ai risultati sportivi: una mancata qualificazione Champions o una stagione al di sotto delle attese potrebbe pesare molto di più rispetto al passato. Inoltre, puntare su calciatori già maturi riduce il margine di rivalutazione economica, e i grandi investimenti infrastrutturali dovranno produrre benefici concreti per giustificare l’impegno. Ma la strada è tracciata. Il Napoli non vuole più vivere di plusvalenze: vuole vincere subito, consolidarsi e restare. Dopo anni di programmazione, è arrivato il tempo della consacrazione definitiva.
a cura di Davide Maria Pellegrino