L’ex ct della Nazionale ripercorre i suoi anni al Torino e riflette sull’esperienza in azzurro: “Avrei dovuto pensarci tre volte prima di accettare”
Ventura e l’ultimo derby vinto dal Toro: “Con il Var ne avrei vinti di più, abbiamo subito tanti torti”
È passato un decennio da quell’ultimo successo granata nel derby della Mole. Era il 26 aprile 2015, una giornata che i tifosi del Torino non hanno dimenticato: 2-1 alla Juventus, con rimonta firmata Darmian e Quagliarella, dopo la punizione iniziale di Pirlo. A guidare la squadra c’era Gian Piero Ventura, ultimo tecnico capace di battere i bianconeri in una stracittadina ufficiale.
“Gol di Pirlo su punizione, poi la rimontammo con Darmian e Quagliarella. Ma ne giocammo di migliori”, ricorda Ventura in un’intervista concessa al Corriere dello Sport.
“Con il Var avremmo vinto più derby”
Ventura non nasconde un certo rammarico per le tante occasioni sfumate anche a causa di episodi arbitrali:
“Con il Var ne avremmo vinti molti di più. Subimmo un sacco di angherie, a detta di tutti. Senza entrare nei dettagli, ci furono rigori non concessi, espulsioni mancate e gol buoni annullati. Posso assicurare che sarebbero stati più di uno”.
Un’analisi che riporta alla memoria un periodo in cui il Torino di Ventura si impose come una delle realtà più organizzate e riconoscibili del campionato, capace di valorizzare giovani talenti e di proporre un calcio moderno e propositivo.
L’esperienza con la Nazionale: “Avrei dovuto pensarci tre volte”
Il tecnico ligure è tornato anche sul periodo più discusso della sua carriera: la guida della Nazionale italiana, culminata con la mancata qualificazione al Mondiale 2018.
“Avrei dovuto pensarci tre volte prima di accettare”, ammette Ventura. “Per la Nazionale rinunciai a un contratto triennale con una squadra che ogni anno gioca in Europa, la Lazio. Ma dopo appena venti giorni capii che non c’erano le condizioni per fare calcio”.
Un passaggio che mette in luce l’amarezza per un incarico vissuto in un contesto che, secondo l’ex ct, non gli permise di lavorare come avrebbe voluto.
“Oggi i playoff sono considerati un traguardo, allora erano un fallimento. Avrei dovuto lasciare prima, ma il legame con l’Italia e con quella maglia era troppo forte. Purtroppo non avevo una federazione solida alle spalle. Con quella attuale sarebbe andata diversamente. Dopo la partita con la Svezia mi ritrovai da solo davanti al plotone d’esecuzione. Tutti gli altri erano già scappati”.


