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Walter Mazzarri si racconta: “Difendo sempre i miei calciatori. Sono loro che mi portano alla vittoria”

Walter Mazzarri, ex allenatore del Napoli e tecnico con oltre vent’anni di esperienza, è tornato a parlare in una video intervista per la rubrica Only Fanta della Gazzetta dello Sport.

Walter Mazzarri si racconta: “Difendo sempre i miei calciatori. Sono loro che mi portano alla vittoria”

Un dialogo ricco di riflessioni sul calcio moderno, sulle sue esperienze e sul futuro, senza rinunciare a uno sguardo sincero sul rapporto umano con i suoi calciatori.

La passione per il calcio non si spegne

Mazzarri spiega come, nonostante il momento di pausa dalle panchine, la sua dedizione resti intatta:
“Non ho mai smesso di guardare il calcio. Sono 23 anni che alleno e non posso non seguirlo ogni giorno. A volte guardavo due partite in contemporanea. Ho allenato anche in Premier, ma l’Italia è l’Italia. Ogni tanto mi chiamano procuratori dall’estero e allora guardo anche altro”.

Un’attitudine che conferma la sua natura metodica e studiosa, da sempre un tratto distintivo del suo lavoro.

Il calcio di oggi e i troppi 0-0

Sulle critiche al gioco moderno, Mazzarri è netto:
“Uno 0-0 può arrivare anche dopo una grande partita. A volte si discute troppo dell’ossessione di giocare la palla in orizzontale. Ai miei tempi, se facevamo un passaggio orizzontale, l’allenatore si arrabbiava. Oggi è tutto molto diverso e capisco che i tifosi a volte si annoiano”.

“Mi manca allenare, ma solo alle mie condizioni”

Il tecnico ammette che tornare in panchina gli piacerebbe, ma solo seguendo criteri precisi:
“Mi manca allenare, ma a patto di poter fare le cose che ho fatto nei primi sedici anni di carriera. Mi rimprovero di aver accettato situazioni che non avrei accettato prima. Se tornassi, tornerei il Mazzarri di un tempo”.

Le opportunità dall’estero e le scelte ponderate

L’allenatore rivela:
“Mi hanno cercato in molti, ma dopo 23 anni avrò pure il diritto di scegliere. Alcune squadre mi hanno cercato, ma c’erano problemi legati alla guerra in quelle zone. In un posto dove mi volevano a tutti i costi, poi è stata lanciata una bomba. Posso permettermi di scegliere con più consapevolezza”.

Le critiche e la difesa dei calciatori

Un passaggio particolare riguarda il modo in cui Mazzarri gestiva i momenti di difficoltà:
“Mi accusavano di trovare scuse. In realtà mi assumevo le responsabilità per proteggere i miei giocatori. Sono loro che mi aiutano a vincere. A volte usavo delle scuse per evitare che venissero attaccati. Oggi vedo colleghi che criticano pubblicamente i propri giocatori. Io non devo fare bella figura davanti alle telecamere: devo proteggere la squadra”.

Prosegue:
“In un momento difficile vado in sala stampa e difendo tutti. Poi il martedì, negli spogliatoi, dico ciò che va detto. Ma senza telecamere”.

Il gesto dell’orologio: da protesta a simbolo

L’iconico gesto con cui Mazzarri chiedeva il recupero è ormai parte della cultura pop calcistica:
“Volevo recuperare il tempo o accelerare il fischio finale. Contro di noi spesso se ne inventavano di ogni per fermarci. Quel gesto ora è allo stadio San Paolo. È diventato un meme e, in questo senso, può anche farmi piacere”.

Turnover, qualità della rosa e differenze tra epoche

Mazzarri chiarisce un punto spesso discusso sul suo modo di gestire la formazione:
“Quando preparo gli schemi lo faccio con 22 giocatori, non solo con gli undici titolari. Ma se non hai l’alternativa a Lavezzi, è difficile. La differenza la fa la qualità: se il sostituto non ha le stesse caratteristiche, il livello scende. Le rose di oggi sono molto più profonde e complete rispetto ai miei tempi”.

Un legame speciale con i suoi uomini

Il rapporto con i calciatori del Napoli resta uno dei capitoli più belli della sua carriera:
“Maggio, Lavezzi e Cavani avevano uno splendido rapporto con me. Se devono parlare di me, lo fanno con riconoscenza. Credo di essere stato l’unico a restare quattro anni con De Laurentiis. Sarri è rimasto tre e anche altri allenatori, pur vincendo, sono restati meno di me”.