Domenico Morfeo, ex fantasista di Parma e Atalanta, racconta senza filtri la sua carriera e le delusioni vissute, tra rimpianti e ironia. Oggi gestisce un ristorante a Parma e appare sereno, lontano dai riflettori del calcio, ma con la mente ancora viva nei ricordi delle sue esperienze professionali.
Morfeo: “Il calcio? Un mondo falso. Inzaghi tirchio, con Adriano guardammo dei vecchi giocare a carte e…”
“Non sono mai stato un professionista. Mi fossi allenato bene e avessi avuto un’altra testa, chissà dove sarei arrivato.”
Morfeo riflette sui tanti “what if” della sua carriera, riconoscendo il talento mai completamente espresso. Sin da giovane aveva un sinistro che incantava, una classe fuori dal comune, eppure la disciplina e l’approccio mentale lo hanno spesso limitato.
Rimpianti e delusioni
L’ex attaccante non nasconde delusioni e tensioni:
“Ho litigato con tanti, direi quasi con tutti. Quello del pallone è un mondo senza amicizie, fatto di rapporti di convenienza. Se devo fare un nome, dico il presidente del Parma Ghirardi. Io sarei sceso anche in B, lui invece mi ha fatto la guerra. Ma il tempo è galantuomo… si è visto che persona era.”
A Parma e Bergamo si è sentito più libero, lontano dalle imposizioni tattiche. Ringrazia ancora Cesare Prandelli, che gli ha fatto esordire e lo ha seguito come un secondo padre:
“Un allenatore preparatissimo, capace, intelligente. Il migliore mai avuto e uno dei migliori in Europa in assoluto.”
Ricordi di compagni e aneddoti di spogliatoio
Morfeo rievoca con affetto i suoi grandi compagni: Gilardino, Adriano e i momenti condivisi sul campo e fuori. Di Adriano racconta un episodio divertente:
“Lo portai da me a San Benedetto dei Marsi e in un bar vedemmo dei signori anziani che sbattevano le carte. Così mi disse ‘al primo gol che faccio esultiamo così’. Segnò subito e festeggiammo in quel modo.”
E su Pippo Inzaghi aggiunge un ricordo curioso:
“Che fatica vedere Pippo tirare fuori i soldi… era un po’ tirchio. Ma a Reggio, prima dell’ultima partita, mi disse che se lo avessi aiutato a vincere la classifica dei cannonieri mi avrebbe dato 5 milioni di lire. Portai a cena tutta la squadra, sono sempre stato generoso.”
Esperienze e scelte personali
Morfeo ricorda anche episodi di sfide e curiosità: il colpire un albero tre volte di fila per guadagnare una maglia da titolare all’Atalanta. E all’Inter?
“Eravamo una grande squadra, personalmente ho fatto gol in Champions e credo di aver fatto il mio. Però sì, ero il numero dieci e potevo fare di più. So di aver fatto arrabbiare Moratti, si aspettavano tutti molto da me.”
Nonostante il talento, Morfeo non è mai riuscito a esordire in Nazionale maggiore:
“Ai miei tempi c’era molta concorrenza, ma mi dispiace non aver mai debuttato. Giocassi adesso farei altre scelte, senza perdere però la mia identità e il mio modo di essere. So di non aver sfruttato a pieno il talento che avevo.”
Infine, un giudizio impietoso sul calcio moderno:
“No, anzi mi fa schifo quello che vedo. Non tornerei mai. Lo trovo un mondo falso.”
Morfeo oggi
Domenico Morfeo ha voltato pagina: la vita lontana dai campi lo rende felice, sereno e in pace con sé stesso. La sua storia resta un grande “what if” del calcio italiano: un talento cristallino, un genio incompiuto e la testimonianza di un mondo sportivo che sa dare gloria, ma anche delusioni e rimpianti.



