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“Chievo, delitto perfetto”: Campedelli rompe il silenzio. “Ho pensato al suicidio, farci fuori è stato facile”

L’ex presidente ricostruisce l’ascesa e il crollo del club che ha riscritto la geografia del calcio italiano. Luca Campedelli torna a parlare e lo fa con una ricostruzione potente, dolorosa e al tempo stesso lucida.

“Chievo, delitto perfetto”: Campedelli rompe il silenzio. “Ho pensato al suicidio, farci fuori è stato facile”

L’ex patron del Chievo Verona, guida del club per quasi trent’anni, presenta il libro “Chievo, delitto perfetto”, titolo che sintetizza una storia irripetibile: dall’ascesa di una società di quartiere fino ai vertici della Serie A, passando per il crollo economico e sportivo che nel 2022 ha cancellato i gialloblù dal professionismo.

Un racconto che non è soltanto memoria sportiva, ma anche denuncia, analisi del sistema e testimonianza personale di ciò che accadde davvero dietro le quinte.

La favola del Chievo: un’anomalia del calcio italiano

Campedelli ripercorre il percorso straordinario di una società che ha sovvertito ogni logica geografica ed economica.

Nel 1994 il Chievo conquista la Serie B, nel 2001-2002 approda in Serie A e diventa subito una delle rivelazioni più clamorose del calcio europeo. La squadra di Delneri sfiora perfino la qualificazione in Champions League, trasformando il quartiere veronese in un punto di riferimento internazionale per gestione, identità e sostenibilità.

Il presidente era allora un ragazzo di 23 anni, erede della famiglia proprietaria del marchio Paluani. Una figura giovane, diversa, capace di costruire un modello che anticipava concetti oggi centrali come controllo dei costi, valorizzazione dei giovani e meritocrazia gestionale.

“Per il Chievo ho pensato al suicidio”: il crollo e il silenzio

Il fallimento del 2022 ha lasciato cicatrici profonde. Campedelli rivela per la prima volta la dimensione personale del trauma:

“Per il Chievo ho pensato al suicidio”.

Parole che restituiscono il peso di una vicenda vissuta come un’ingiustizia e come una disgregazione identitaria, oltre che economica. Il suo libro – spiega – non è un atto di vendetta, ma il tentativo di sottrarre la narrazione del Chievo alle semplificazioni e agli slogan.

“Volevo raccontare la mia verità, che non è quella che vi hanno detto. Non mi interessava riaprire ferite, ma non potevo più lasciare che altri definissero ciò che è stato il Chievo”.

“Eravamo soli. Farci fuori è stato facile”

Campedelli indica nella solitudine la chiave della caduta. Il Chievo, dice, non aveva protezioni politiche né finanziarie:

“Era facile farci fuori perché facevamo calcio per il calcio. Non c’erano altri interessi dietro, né politici né economici”.

Parole che mettono in discussione l’ecosistema del calcio italiano, ancora oggi segnato da fragilità strutturali e da equilibri poco trasparenti.

La rinascita con Pellissier e l’identità che resiste

Oggi, grazie all’impegno degli ex calciatori e della comunità veronese, il Chievo è ripartito dalla Serie D con Sergio Pellissier presidente onorario. Un ritorno che Campedelli osserva con rispetto e distanza, pur lasciando aperta ogni porta sul futuro.

“Siamo due caratteri forti ma non chiudo mai le porte. Se domani mi dicessero che c’è il Chievo e serve un magazziniere, io andrei anche a piedi”.

Una frase che racchiude il senso di appartenenza di un uomo che ha intrecciato la propria vita con una delle favole più incredibili – e più controverse – del calcio italiano moderno.