Scott McTominay non rinnega il passato e respinge con decisione uno dei luoghi comuni più ricorrenti del calcio moderno: l’idea che lasciare il Manchester United equivalga automaticamente a migliorare il proprio rendimento.
Napoli, McTominay difende il “suo” United: “Troppo facile dire che lontano da Old Trafford si diventa più forti”
Il centrocampista, oggi protagonista in Serie A in maglia azzurra, lo ha chiarito senza ambiguità in un’intervista concessa a CBS Sports Golazo, ai microfoni di Kate Abdo.
Un intervento lucido, misurato e tutt’altro che polemico, nel quale McTominay ha voluto ristabilire alcuni concetti chiave sul peso della maglia dello United, sulla pressione mediatica e sulle reali condizioni offerte dal club ai suoi calciatori.
“Allo United ho fatto bene, non è vero che fuori si cresce per forza”
McTominay parte dalla propria esperienza personale, smontando la narrazione secondo cui il rendimento migliorerebbe solo dopo l’addio a Manchester.
“È troppo facile dire: ‘Hanno lasciato il Manchester United e ora stanno andando bene’. Nel mio ultimo anno lì ho fatto bene: ho segnato 10 gol e abbiamo vinto un trofeo”.
Parole che riportano l’attenzione sui fatti: numeri, prestazioni e un titolo conquistato. Elementi che, secondo il centrocampista scozzese, vengono spesso dimenticati quando si costruisce una lettura semplicistica del percorso dei giocatori post-United.
Il caso Rashford e il peso dei riflettori
Nel corso dell’intervista, McTominay affronta anche il tema Marcus Rashford, uno dei nomi più discussi degli ultimi anni a Old Trafford. Senza entrare nei dettagli personali, il centrocampista difende il valore del compagno e sottolinea quanto l’esposizione mediatica possa alterare la percezione delle prestazioni.
“Marcus è un grande giocatore ed è sempre stato un grande giocatore. È una delle leggende del club, ha segnato tantissimi gol e ha fatto tante grandi cose. Quando i riflettori sono puntati direttamente su di te, sembra tutto molto peggiore”.
Secondo McTominay, giocare meno minuti allo United rispetto ad altri contesti può incidere sull’autostima, ma questo non deve diventare un alibi.
“Quando vai via e giochi più partite, ovviamente ti senti meglio con te stesso. Ma al Manchester United quei minuti devi guadagnarteli”.
Un passaggio in cui cita anche Bruno Fernandes come esempio virtuoso di chi ha saputo imporsi e rendere ad altissimo livello nonostante la pressione costante.
“Il Manchester United non è una scusa”
Il cuore del discorso arriva quando McTominay prende posizione in modo netto sul club.
“Penso che sia una scusa troppo facile dare la colpa al Manchester United come club. Perché ogni volta che sono stato lì hanno fatto tutto per me”.
Il centrocampista elenca con precisione gli aspetti strutturali messi a disposizione dalla società.
“Nutrizione, allenamento, lavoro tattico: tutto è messo a disposizione per permetterti di avere successo. Non è vero che altri club ti danno cose che lì non esistono”.
Una difesa chiara dell’ambiente United, che McTominay descrive come altamente professionale e attrezzato per accompagnare i calciatori verso il massimo rendimento.
Fiducia, continuità e responsabilità individuale
In chiusura, il giocatore riporta tutto su un piano personale, evidenziando come la differenza sia spesso mentale più che strutturale.
“È una questione di fiducia. Se vai via, giochi ogni partita e segni, poi segni di nuovo e la gente inizia a parlarne, ti senti bene e vuoi continuare”.
Il messaggio è chiaro: cambiare squadra può aiutare alcuni, ma non è una regola universale. Ogni percorso dipende dalla personalità, dalla capacità di reggere la pressione e dalla volontà di prendersi responsabilità in un contesto altamente competitivo come quello del Manchester United.
McTominay, senza rancore né retorica, sceglie la strada della riconoscenza e dell’equilibrio. E ricorda che, prima di puntare il dito contro un club, bisognerebbe guardare più a fondo dentro il percorso di ogni singolo giocatore.



