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Prova tv, il Var ha “pensionato” la prova tv: quasi impossibile utilizzarla

Nessun provvedimento per la “sceneggiata”, ultima in ordine di tempo, di Davide Faraoni in Juve-Verona. Decisione diseducativa per i giovani, istruttiva per i grandi: simulare si può. Tanto la prova tv non esiste (quasi) più…

Prova tv, il Var ha “pensionato” la prova tv: quasi impossibile utilizzarla

Simulatore, antisportivo e imbroglione. Il capitano scaligero Faraoni sta ricevendo diverse etichette dopo la scena che ha portato all’annullamento del gol di Kean contro la Juventus. In molti dopo averlo visto rialzarsi e stramazzare al suolo solo dopo la rete bianconera, portando così all’iter con l’on field review del Var che ha giudicato fallosa la manata dell’attaccante, ne hanno chiesto a gran voce – inutilmente – la squalifica con la prova tv per simulazione. Una richiesta inevasa, come da regolamento visto che l’arbitro ha giudicato falloso l’intervento di Kean, ma che conferma come il ricorso alla prova tv con l’introduzione del Var sia qualcosa di più unico che raro.

Quindi ha senso chiedersi, con l’introduzione del Var ha ancora senso la prova tv? La risposta è in mano al Giudice Sportivo e alla Procura Federale – che deve richiederne l’utilizzo da regolamento in base a un comportamento violento o gravemente antisportivo, ma i fatti dimostrano che il ricorso a questa possibilità molto utilizzata in passato è drasticamente scemato.

Altri due episodi piuttosto evidenti in questo campionato non hanno portato alla prova tv per sanzionare il trasgressore. Il primo riporta a Cagliari-Milan quando una gomitata del cagliaritano Nandez sul collo del milanista Musah è passata impunita. L’altro appartiene sempre a Juventus-Verona, con la sbracciata di Gatti su Djuric per il quale la Procura ha richiesto – senza trovare accoglimento – l’utilizzo del mezzo televisivo. Richiesta respinta partendo proprio dal referto arbitrale in cui lo scontro di gioco veniva catalogato come tale, perciò visto e non sanzionato.

La differenza con il passato è netta e sostanziale quanto deducibile facilmente. Oggi ad arbitrare una sfida di calcio non c’è più solo il direttore di gara in campo, ma la squadra si è allargata dai quattro ufficiali sul terreno di gioco a quelli in sala Var. Un episodio viene visto e valutato da più occhi, spesso con pareri discordanti e un dibattito veloce via auricolare o monitor a bordocampo. Quasi impossibile dunque che un episodio possa passare del tutto inosservato durante o dopo la partita.

Il senso della prova tv è venuto meno con l’introduzione invasiva della tecnologia video nella direzione di gara. La smentita (grave) di una decisione di campo o di una svista, infatti, è più complicata e rara da trovare: il ricorso alla prova televisiva per decidere una squalifica può essere richiesto solo per “fatti di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernenti l’uso di espressione blasfema non visti dall’arbitro o dal Var” e con tutti i controlli del caso è molto meno usuale che un episodio sfugga a una decina di occhi senza essere valutato, bene o male che sia. Non è un casualità che l’unica sanzione arrivata in questo modo in questo campionato sia stata per la blasfemia (in primo piano televisivo) del portiere del Frosinone Turati contro il Napoli, quella sì sfuggita a tutti in campo e a Seregno.

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