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NOEMI TROMBETTA, LA MODELLA TORINESE CON IL NAPOLI NEL CUORE: ‘VI RACCONTO LA MIA FOLLE PASSIONE AZZURRA! E AI RAZZISTI DICO…’

I social network hanno ormai un ruolo di primo piano nelle nostre vite. A volte sono teatro di becere dispute ai limiti dell’inciviltà, altre ci permettono di scoprire e conoscere persone e personaggi le cui storie meritano di essere raccontate. E’ il caso, per esempio, di Noemi Trombetta, 19enne modella e hostess negli stadi della Serie A con un futuro da manager. La bella Noemi, nativa di Torino, ha una particolarità che ci ha spinti a conoscerla meglio: sotto l’accento piemontese, infatti, si nasconde (e neanche tanto) una scatenata e incontenibile tifosa del Napoli. Ma dove nasce questa passione e com’è viverla “in esilio” a Torino? Noemi ce l’ha raccontato in una bella e lunga intervista esclusiva per Gonfialarete.com.

NOEMI TROMBETTA: “AMO IL NAPOLI PERCHE’…”

“Non esiste un dove, un come o un quando”, ci spiega. “E’ una passione che non ha
spiegazione logica. Sono nata e residente a Torino. Perché il Napoli? Forse perché a 7 anni, durante una monotona domenica mattina, dalla mia cameretta ho sentito le note di “A’ Città e’ Pulecenella” provenire dallo stereo della cucina e, senza sapere il perché, mi sono messa ballare! Successivamente, relazionandomi con alcuni coetanei di origini napoletane, sono stata catturata dal loro modo di
fare, dall’allegria che trasmettono a chiunque gli stia accanto, dalla loro capacità di rendere
situazioni sgradevoli un po’ meno amare. Forse amo il Napoli perché in quell’azzurro ci vedo riflessa l’immensità del cielo e del mare. Forse amo il Napoli perchè semplicemente… “Un giorno all’improvviso…”.

Chi è il tuo calciatore del Napoli preferito?
“Non ho un preferito. Mi piace il tridente dei piccoletti, apprezzo Milik e Jorginho… Diciamo però che dal 22 aprile 2018 ho cominciato a nutrire una certa ammirazione nei confronti di un signore che si chiama Kalidou Koulibaly“.

Com’è vivere questo tifo così acceso a tutti questi chilometri di distanza? 
“Del mio tifo azzurro io ne faccio un vanto, specie dopo l’ultima stagione. Il logo del Napoli è sulla cover del mio cellulare e su una spilla che porto sullo zaino di scuola. Questo mi costringe a dover dare spesso delle spiegazioni a chi nota questi dettagli o mi sente parlare di calcio. Gli amici oramai se ne sono fatti una ragione e sanno che con me e il Napoli non si scherza: va bene gli sfottò, ma fino a un certo punto, perché poi mi arrabbio.  Sono scaramantica, soprattutto quando si tratta del Napoli. Mio padre ne approfitta: <<se non fai quello che ti dico, domenica ne prendete 3…>> e con questa storia sono finita addirittura a pulire il pavimento della cucina con uno spazzolino da denti…”

 

Nonostante tu sia lontana, ti tieni sempre informata sulle vicende legate al Napoli e all’universo che lo circonda…
“Assolutamente si! Sullo smartphone ho scaricato tutte le applicazioni che riguardino il
Napoli, tra cui quella ufficiale del club della quale ho attive le notifiche per ricevere gli aggiornamenti in tempo reale. Grazie ai social, Instagram in particolare, oltre a tenermi aggiornata, riesco a condividere questa passione con altre persone e rimanere aggiornata su tutto ciò che accade nella vostra meravigliosa città. Ho ringraziato il cielo per l’esistenza di Instagram soprattutto in un caso: la notte dello scorso 22 aprile, notte durante la quale avrei voluto, più di ogni altra cosa, essere a Napoli, a Capodichino, per celebrare l’impresa. Grazie ai video in diretta dei tifosi lì presenti, sono riuscita a vivere e respirare un po’ di quell’incredibile atmosfera che si era creata in quella notte magica”.

Ecco, appunto. Riavvolgiamo il nastro: 22 aprile, Juventus-Napoli. Com’è stato vivere quel giorno dalla città di Torino?
“E’ stata una giornata che difficilmente dimenticherò. Nel pomeriggio sono stata in centro, a Torino, con un piccolo particolare: indossavo la maglia del Napoli! Ho incontrato tre, forse quattro gruppi di tifosi napoletani con i quali mi sono messa a cantare, sotto la Mole Antonelliana, di fronte alla Gran Madre, e in piazza Castello. I miei amici fingevano di non conoscermi.

Non sono riuscita a trovare il biglietto per andare allo stadio. Per la tensione non ho cenato. Ho occupato la mia solita postazione sul divano senza dire una parola. Ad ogni azione o tiro in porta del Napoli mi contorcevo. Ho cominciato a crederci però a un certo punto, forse perché la Juventus non attaccava mai e il Napoli stava in campo molto meglio. 

Poi arriva il novantesimo: calcio d’angolo battuto da Callejòn. Chiudo gli occhi per la tensione. Quando li riapro vedo la palla sospesa in aria, sembrava una scena a rallentatore, fino al
momento in cui, da tergo, un difensore senegalese con la maglia azzurra e i suoi 195 cm di
altezza decolla al centro dell’area e con un’incornata trafigge la porta di Buffon. Ho fatto uno scatto verso il balcone della cucina e mi sono messa a urlare tutta la mia gioia scacciando la tensione accumulata durante la giornata. Avevamo vinto al novantesimo nella tana del nemico e sotto le mie urla si celava la disperazione nelle case vicine!”.

E il sabato successivo, il tuo lavoro di hostess negli stadi della Serie A ti ha portata ad essere a San Siro per Inter-Juventus…
“Si, ero al Meazza quel sabato 29 aprile. Che dire? Macroscopici errori arbitrali hanno determinato il risultato finale di quella partita. Anche Spalletti ha sbagliato qualcosa, non avrei cambiato niente al suo posto. Bisognava lasciare in campo quegli stessi giocatori che da 81 minuti, in dieci contro undici, stavano realizzando una vera e propria impresa.
Sul 2-1 ci ho creduto davvero, ci hanno creduto tutti. Purtroppo poi, vedendo certe cose, diventa difficile. Difficile credere nei sogni di una squadra che va a vincere a Torino onestamente, così come onestamente ha vinto per tutto l’arco del campionato. Difficile credere in un paese che non fa nulla per cambiare le cose. Difficile riuscire a credere in questa serie A e nella sua buona fede…”

Ancora una settimana dopo, in occasione di Napoli-Torino, hai realizzato il tuo sogno: guardare una partita del Napoli al San Paolo…
“Mamma mia! Al solo pensiero mi viene la pelle d’oca. Ho realizzato uno dei miei sogni
più grandi. Il 6 maggio sono entrata allo stadio, non in uno stadio qualunque, ma allo stadio San Paolo!
Buona parte dei miei amici mi ha definito una “pazza”: per realizzare questo sogno mi sono svegliata alle 5 del mattino per partire per Napoli,  ho guardato la partita e sono tornata a Torino la mattina dopo viaggiando di notte. Ebbene si, l’ho fatto.
Difficile esprimere a parole quello che ho provato quei novanta minuti. Avevo sentito parlare di quanto fosse calorosa la tifoseria azzurra e del clima che era in grado di creare, ma mai, e dico mai, avrei pensato di assistere a una magia simile: è un qualcosa che avvolge, che isola, un’atmosfera capace
di rendere partecipe chiunque. Persino la mia amica che ha deciso di accompagnarmi quel giorno,
tifosa del Toro, ne è stata involontariamente catturata. Mi sono rimaste impresse le due curve, A e B, che come due braccia, attraverso cori e fumogeni, mi hanno inglobata in un abbraccio, un abbraccio caloroso e avvolgente”.

A proposito della tua amica: è giusto dire che la vera Torino è granata e non bianconera?
“Assolutamente si! Da noi si dice che: <<Torino è stata, e resterà Granata!>>”.

E di Napoli come città che opinione hai?
“Io credo davvero che Napoli sia la città più bella d’Italia. E non lo dico così per dire, lo dico perché lo
penso veramente, perché ci sono stata tante volte e ogni volta ci lascio un tassello del mio cuore.
Premetto che personalmente conosco Napoli da turista e come tale non posso che confermare ciò
che scrisse Stendhal dopo aver visitato questa città: <<Parto. Non dimenticherò né la
via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più
bella dell’universo>>. Dal canto mio vedo Napoli una città ricca di contraddizioni, colori, tradizioni,
folclore, e tutto questo fa di essa un vero e proprio teatro a cielo aperto. Camminando tra le vie di
Napoli con il cuoppo, una pizza al portafoglio, un babbà, una sfogliatella (e mi fermo qui), in ogni
angolo della città gli stessi cittadini, diventano loro i primi attori e riempiono l’animo del
turista di un’infinita allegria e di una primavera, che lì, a Napoli, non ha mai fine”.

Ti rattrista che negli stadi di italia, che tu tanto giri, si cantino e si dicano certe cose contro Napoli e i napoletani? 
“Ovviamente si, i cori offensivi nei confronti del Napoli, di Napoli e dei napoletani stessi mi
infastidiscono, soprattutto perché sono cori intonati da persone che sicuramente non avranno mai vissuto la magia, il fascino e il calore di Napoli e dei napoletani, e dunque senza criterio. Come dice Sarri, invitiamo queste persone a visitare la città, a cogliere tutto ciò che Napoli offre e, sono sicura, che alla prossima puntata, i loro cori cambierebbero di contenuti. Io un’ambasciatrice della bellezza del Napoli negli stadi d’Italia? Perché no! Non ci penserei due volte, ne sarei fiera e orgogliosa”.

 

E adesso, che futuro ti aspetti dal cambio Sarri-Ancelotti?
“Non nego che l’addio di Sarri mi rattrista parecchio, ha dato tanto al Napoli, è stato un vero leader,
un capopopolo, il comandante che ha portato il Napoli a giocare a livelli altissimi e per questo è stato accolto con entusiasmo dai tifosi, e ora viene rimpianto.
Ancelotti è un allenatore carismatico, con una grande esperienza alle spalle e credo e spero
abbia chiesto e ottenuto garanzie tecniche per programmare un futuro roseo.
Ho letto che sui social gira questa frase di Vecchioni, mi è piaciuto particolarmente l’accostamento: <<Ho lasciato un foglio sulla scrivania, manca solo un verso a quella poesia; puoi finirla tu>>. E’ bello immaginare che Sarri, idealmente, potrebbe aver lasciato un messaggio del genere”.

Come fare per restare aggiornati sulle tue prossime avventure?
“Sono una tifosa scatenata, è vero. Ma nella vita faccio anche molto altro! (Ride, ndr). Se volete scoprire di più a riguardo, vi invito a seguirmi sul mio profilo instagram: @noemi_trm

 

di Andrea Falco