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Lozano, due mesi di astinenza: e se non fosse solo un problema di ruolo?

Lozano

LOZANO NAPOLI ATALANTA – Se ai tifosi venisse chiesto cosa si ricordano, a primo impatto, dei primi tre mesi azzurri di Lozano, la risposta sarebbe molto facile da prevedere: il gol alla Juve, ormai esattamente due mesi fa, e lo stop in campo aperto contro la Sampdoria. Poi, oggettivamente, il nulla. Né uno squillo, né un qualsiasi segnale di sé. Le ultime due prestazioni in leggera crescita, ma ancora troppo poco per un giocatore che, per quanto pagato, non deve solo dimostrare di essere da Napoli, e non lo sta dimostrando, ma anche di poterne essere una stella. El Chucky è impalpabile, timido, spaesato, non sembra avere reazioni, se non nervose come i falli di frustrazione di Genk. Costa davvero tanto dirlo, ma oggettivamente i suoi ultimi due mesi sono stati da encefalogramma piatto.

Sulle prime, le responsabilità sono state attribuite alla posizione in campo. Alibi che ci sta tutto, ma poi anche nell’essere eventualmente penalizzato dal sistema, da un giocatore di talento ci si aspetta che possa emergere e distinguersi in qualche modo, almeno per un attimo. E invece, Lozano non si accende neanche a sprazzi. Qualche dubbio allora, comincia timidamente a palesarsi: forse Ancelotti non ha sbagliato sulle sue caratteristiche, che magari davvero sono giuste che per quello che gli chiede in campo e che l’ha spinto a chiederlo con insistenza sin da dicembre. Forse, ma è comunque ancora prematuro, quello che al messicano manca, e su cui Ancelotti ha sbagliato, è semplicemente il livello.

di Andrea Falco