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Napoli

Una vittoria, per lasciarsi senza rancori

Ancelotti De Laurentiis

Vincere contro il Genk è magari il modo più leggero per salutarsi: si risparmia dolore, rancore. Lasciarsi, ormai, sembra cosa fatta: è il come che fa la differenza.

Una vittoria, per lasciarsi senza rancori

“Per me, Carlo può restare a vita” disse Aurelio De Laurentiis, “Voglio restare a lungo qua”, gli fece eco Carlo Ancelotti. Poi, sappiamo tutti come sono andate le cose. In alcuni casi, separarsi, è necessario per evitare inutili (e ulteriori) sofferenze. Fare guerre per esorcizzare sensi di colpa non ha senso, la responsabilità è sempre condivisa. Capire dove si è sbagliato ed elaborare l’addio per la fine di un idillio fa parte dell’atto di responsabilità. Sicuramente la crisi non nasce oggi, ma ha radici profonde: pensare che si sarebbe potuto crescere solo cambiando il tecnico (e poco altro) è stato un grave errore sia tecnico che strategico. Per non dire finanziario. In tal senso, sembra giusto citare l’esperto collega economista Marco Bellinazzo, che afferma convinto: “Il caso Napoli va studiato come ‘modello’ di crisi d’impresa: come arrivare alla gara decisiva della stagione con allenatore delegittimato, squadra disgregata e proprietà impegnata a recuperare un paio di milioni di multe mentre ne dissolve durevolmente decine di valore del brand”. Cosa c’entra tutto ciò con il calcio? Sembra una congiuntura distorta che ha a che fare sicuramente anche con il calcio, perché le tensioni hanno tolto concentrazione a una squadra che non è più tale e che non ripone più fiducia nel tecnico e nel suo lavoro con lo staff. Il presidente che si chiude in un silenzio urticante, i tifosi sfiduciati. Qual è la soluzione? Al momento, tutto spingerebbe Carlo Ancelotti a sedersi al tavolo per discutere una separazione consensuale. Senza rancori. Il calcio è così: se perdi il primo capro espiatorio è l’allenatore, se perdi la fiducia della squadra, è ancora peggio. E stavolta, chiamarsi Ancelotti, conta poco.

Andrea Fiorentino