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Storie di sport – Amarcord. Napoli Sarricorda ancora di lui

Sarri

NAPOLI JUVENTUS SARRI – L’alchimista azzurro. La sublimazione della napoletanità. Si pensa alla sua tuta quando qualcuno tira in ballo il concetto di rivoluzione. Idolo, Comandante e allenatore in terza battuta. La rivoluzione in campo, quella ostinata del suo 4-3-3, dell’idea di entrare nel Palazzo da briganti e non da impresari: invece hanno prevalso le ambizioni del professionista glaciale, che ha indossato giacca e cravatta, entrando dalla porta d’ingresso. Outfit e slogan fanno parte del passato, bello finché è durato.

Storie di sport – Amarcord. Napoli Sarricorda ancora di lui

Amarcord – Domenica è vicina. Il futuro prossimo diventa un nemico imprevedibile e cercare di rispondere, in questi casi, all’incertezza di uno stato di smarrimento di un popolo intero, non fa altro che aumentare i dubbi piuttosto che risolverli. Un ambiente scosso, inutile smorzare i toni, i sentimenti. Ancora più dura, ovvio, in un contesto totalmente ridimensionato. L’uomo idolatrato e coccolato quale nuovo paladino e rappresentante popolare di una città intera, complice ingrato di un divorzio con negoziazione assistita con la società che ne detiene le prestazioni. La rabbia che ne scaturisce è sempre indice di profonda sofferenza e quindi andrebbe capita, spiegata, piuttosto che ignorata. A volte non si è arrabbiati tanto per la situazione avvenuta, ma perché la situazione che si sta vivendo riporta a galla vecchie ferite, vecchi rancori con il campione “fatto in casa” di turno. Ergo, cosa innesca queste crisi rabbiose? Qual è il vero leitmotiv di questo fenomeno? La sofferenza (mista a paura d’abbandono) nascosta. Malgrado le apparenze, le esplosioni di rabbia ripetute rivelano una profonda sofferenza interiore. In molti casi le persone che si arrabbiano troppo, a causa della loro storia personale, diventano particolarmente sensibili alle esperienze di rifiuto, abbandono, tradimento. Per questa ragione ogni minimo segnale di ambiguità o di disinteresse da parte di una persona significativa è in grado di innescare una sensazione di disperazione che si esprime con rabbia e accuse pesanti. Se ci pensiamo bene, a farci arrabbiare non è mai l’evento in sé, ma l’interpretazione che si dà dell’evento stesso. La persona che non riesce a controllare la rabbia tende a leggere il comportamento delle persone care in modo negativo ed esagerato, giungendo a delle conclusioni che confermano i suoi peggiori timori. Ma se queste persone poi cercano con pretestuoso ingegno di scaricare le colpe sugli altri per sentirsi meglio, la frittata è bella che fatta. Uno specchietto per le allodole per non rompere con i tifosi, per gettare ogni responsabilità sul patron, reo di non aver costruito una squadra all’altezza. È il gioco delle parti, un tira e molla alla lunga inconcludente. Anche per un cuore sereno e non napoletano, immune ordunque da sollecitazioni estreme, vedere l’allenatore della rivoluzione in giacca e cravatta, soprattutto dopo aver mal digerito il giocatore dai tratti ellenico-argentini con la maglia dai toni bianco e neri segnare (ancora e ancora) contro il “suo” Napoli, è una roba inimmaginabile. Ma tant’è.

Il giorno è vicino – Sarri non è più il ribelle: è il potere che il (fu) ribelle voleva rovesciare. All’andata, malato e arrabbiato, non andò in panchina nella gara di Torino. Sappiamo tutti com’è finita. Una forca caudina dalla quale non può sfuggire, domenica sera. Il Napoli è passato da Ancelotti a Gattuso, è precipitato in classifica, ma ha una prestazione recente in Coppa Italia che fa ben sperare. E questa è un’altra storia.

Come verrà accolto – Napoli è una città che è stata capace di metabolizzare di tutto: dalle dominazioni straniere ai terremoti, dalle carestie alle epidemie più terrificanti; dalle offese ai luoghi comuni, dagli sbagli (di piccole minoranze) alle delusioni più cocenti in fatto calcistico.
Napoli è anche una donna tradita, abbandonata: donna Partenope è una sirena bellissima (proprio come quella della fiaba del danese Andersen) che, nonostante le delusioni e le difficoltà, continua ad accoglierti come una mamma.
Napoli è come una madre che dà amore incondizionato, è l’ancora, la città che ti fa sentire a casa: mamma Napoli è una mamma speciale, una chioccia. Attenta, premurosa – anche troppo – e con un cuore enorme.
E per questo vedi Napoli, ti innamori e poi l’abbandoni. Una città, un popolo e una squadra che un giorno all’improvviso diventa un ricordo sbiadito. Prima Higuain, poi il suo più grande maestro: gli idoli della compagine azzurra non resistono più e preferiscono altre sfide. Al San Paolo le due squadre si presentano con 27 punti di distacco: nessuno avrebbe mai immaginato un divario simile. Il Napoli deve far riavvicinare i tifosi, e l’ambiente deve operare con chiarezza e trasparenza per ricompattare la piazza. Tuttavia, l’osservato speciale di Napoli-Juventus sarà Maurizio Sarri, inutile girarci intorno: l’allenatore bianconero torna al San Paolo e i riflettori di Fuorigrotta si accendono su di lui. Durante la conferenza di presentazione sulla sua nuova panchina dichiarò: “Se uscissi dal San Paolo tra gli applausi, sarebbe una manifestazione d’amore. Se mi dovessero fischiare, so che sarebbe comunque una manifestazione d’amore. Uscirò volendogli bene come prima, in un modo o in un altro”. Definizione corretta, Napoli la conosce bene, più di ogni altra città. E perché no, non sarà mai una partita come le altre. Per nessuno. Tantomeno per lui. Napoli non l’ha dimenticato: Napoli Sarricorda ancora.

Andrea Fiorentino