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Coronavirus, carenze di vitamina D associate all’infezione: “Forse per questo l’Italia è così colpita”

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La popolazione italiana ha livelli di vitamina D più bassi di quelli scandinavi: “Loro hanno sopperito alla mancanza del sole con integrazioni, noi no”, spiega il professor Andrea Giustina, presidente della Società Europea di Endocrinologia a Gazzetta Active. “Innanzitutto la vitamina D, che poi è un ormone a tutti gli effetti, è un composto naturale, fisiologicamente già presente nell’organismo, non è un composto farmacologico. Questo è un elemento fondamentale: è un po’ come quando ho un problema alla tiroide e assumo l’ormone tiroideo. La maggior parte delle altre vitamine vengono fornite da una dieta equilibrata. Il problema della vitamina D è che il cibo, se non è addizionato ad hoc, fornisce circa il 20 per cento del fabbisogno giornaliero di vitamina D. Bisognerebbe esporsi al sole tutti i giorni almeno mezz’ora. Ed esporre non solo il viso, ma anche una parte di corpo: le gambe o le braccia, quanto meno”, aggiunge Giustina.

Coronavirus, carenze di vitamina D associate all’infezione: “Forse per questo l’Italia è così colpita”

“La carenza di vitamina D potrebbe essere un fattore predisponente per ammalarsi di Covid-19 e per un esito severo o letale della malattia. Il 20 marzo abbiamo pubblicato la lettera sul British Medical Journal. Era allora il momento in cui l’Italia sembrava il Paese più colpito, cosa che si è rivelata vera anche nel prosieguo. Si era cercato di capire perché da noi la situazione fosse così drammatica soprattutto dal punto di vista della mortalità. In realtà ancora oggi non abbiamo una spiegazione del tutto convincente. Ma da studi epidemiologici emerge che nella popolazione italiana si hanno bassi livelli di vitamina D. Questo perché noi non addizioniamo il cibo come fanno, per esempio, i Paesi scandinavi, tanto che questa situazione è nota come paradosso scandinavo: quei Paesi che non conoscono una grande esposizione alla luce solare, fonte principale di vitamina D, la addizionano ai cibi. E così i loro livelli sono in media il doppio di quelli degli abitanti di Paesi del Sud Europa come Spagna, Grecia e, appunto, Italia. Il sole che abbiamo in Italia non è sufficiente? Lo sarebbe se vi si esponesse. Questo accadeva 50 anni fa, quando la popolazione viveva all’aria aperta. Con il passare degli anni le nostre abitudini di vita, comprese quelle dei ragazzini, si sono modificate radicalmente. Tant’è che il lockdown è di fatto l’esasperazione di uno stile di vita che noi, come gli altri Paesi, abbiamo già impostato da tempo. Alcuni hanno sopperito a questa mancanza, noi no. La maggior parte degli studi suggeriscono che i pazienti con Covid-19 hanno livelli di vitamina D più bassi rispetto alla popolazione generale. Apparentemente la carenza di vitamina D sembra essere un fattore predisponente ad ammalarsi di Covid. Questo è emerso da diversi studi in vari setting: non si tratta di una evidenza locale, ma di evidenze oramai diffuse. Ciò non definisce con certezza che la vitamina D sia una terapia potenzialmente efficace contro il Covid. Molti dati in questo senso non sono ancora disponibili. C’è però uno studio spagnolo molto recente che dimostra che i pazienti Covid trattati con terapia standard e integrazioni di vitamina D avevano un migliore outcome clinico rispetto a quelli che non ricevevano l’integrazione. Ma al momento è l’unico studio pubblicato sull’argomento. In altre parole: ci sono sufficienti evidenze sul fatto che bassi livelli di vitamina D si associno all’infezione da Sars-CoV-2. Non ci sono grandi evidenze del fatto che dare la vitamina D sia una potenziale terapia nei pazienti Covid ospedalizzati. Ma l’impressione è che avere bassi livelli di vitamina D possa essere uno dei motivi che portano il malato all’ospedalizzazione”.

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