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Bologna, Mihajlovic: “La malattia mi ha insegnato a piangere. Donare può salvare una vita”

Mihajlovic

“La vita è una cosa meravigliosa e specialmente quando passi ciò che ho passato io, poi ti godi tutto al massimo, ogni dettaglio. Io praticamente sono nato due volte, la prima il 20 febbraio del 1969 e la seconda il 29 ottobre del 2019, a 50 anni di distanza. Vedere un uomo duro che piange fa tenerezza. Con questa malattia ho imparato a tirare fuori le emozioni, ho imparato a piangere e non mi vergogno di farlo: nessuno deve vergognarsi di farlo. Prima tenevo tutto dentro, poi ho capito che piangere è una cosa positiva, così come dimostrare i propri sentimenti alle persone che si amano”. L’allenatore felsineo si racconta a cuore aperto ai microfoni di Sky Sport.

Bologna, Mihajlovic: “La malattia mi ha insegnato a piangere. Donare può salvare una vita”

“Certo, avevo paura – ammette Sinisa -, e la notte da solo con i miei pensieri non era affatto facile. Sognare, anche diverse volte, il proprio funerale è strano. Ma non ho mai perso la speranza, legata alla mia voglia di combattere: mi nutrivo del mio coraggio. Poi, certo, se non c’erano i dottori e le cure potevo anche essere coraggioso ma non ce l’avrei fatta. L’affetto della gente provocava in me due sentimenti contrastanti: ero contento quando dal balcone li vedevo radunati, venuti apposta per salutarmi, vedere quanta gente mi volesse bene. Ma provavo anche tristezza per il fatto di non poter essere lì con loro, insieme alla gente. Ma in fondo non ho mai avuto dubbi, sapevo che ce l’avrei fatta.” Ora la convivenza con gli attacchi di panico. “So quando mi arrivano e so come domarli. Ora. All’inizio invece, mi hanno colto di sorpresa. Mia moglie in passato li ha avuti e io le dicevo sempre: ‘ma scusa, se sai che è un attacco di panico, perché ti spaventi? Sai già cosa è…’. E lei mi rispondeva che non capivo niente: ‘speriamo non ti succeda mai, ma se dovesse essere vedrai che capirai…’. La prima volta non ho capito, la seconda invece sapevo bene che era un attacco di panico ma non riuscivo a gestirlo. Mi sembrava come se stessi per morire… Adesso invece, appena sento i primi segnali, cerco di non pensarci e dopo qualche minuto mi passa. Ma devi essere molto forte di testa perché se ti fai dominare poi diventa un casino…”. Il ricordo calcistico più bello del Mihajlovic calciatore. Vittoria della Coppa dei Campioni con la Stella Rossa, la mia squadra del cuore, Una vittoria che non si può paragonare con nessun’altra”. La guerra. “Vorrei in un certo senso non ricordarmi nulla della guerra e per un altro verso ricordarla per tutta la vita. In guerra non c’è un vincitore, e il colore dominante è il rosso del sangue, della gente innocente”. Un invito a conclusione d’intervista. “Donare può salvare una vita, e non ci vuole tanto: è una cosa bellissima e nobile. Ma voglio anche dire che nella malattia non bisogna mai perdere la voglia di vivere e di combattere”.

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