“Qualcuno si astiene per paura, altri perché ritengono sia più vantaggioso non esporsi in una vicenda che non li riguarda. Comandano i bianchi: se alzassero la voce loro, saremmo più ascoltati”. Il Boa parla anche dei giovani calciatori e rivela anche come Berlusconi l’ha convinto ad accettare il Monza e la cadetteria: “Come mi ha convinto? Mi ha chiamato e mi ha detto figlio mio, torna a casa. Non c’era bisogno di molte altre parole”,
Monza, Boateng: “Nessun bianco mi ha mai sostenuto nella battaglia contro il razzismo”
Il 3 gennaio ricorrerà l’ottavo anniversario del pallone lanciato in tribuna dopo i buu nell’amichevole del Milan contro la Pro Patria. Kevin-Prince Boateng, però, resta in prima linea nella lotta al razzismo: “Quei fatti mi provocarono una ferita dolorosa – ammette l’ex Milan, in un’intervista a Il Corriere della Sera – Avevo fatto tanti sacrifici per giocare in una delle squadre più forti del mondo. Pensavo di essermi messo alle spalle le giornate buie vissute da bambino. Basta, non potevo più accettare comportamenti del genere”. Quel giorno il Milan uscì dal campo, di recente la sfida fra il Psg e il Basaksehir è stata sospesa. Il clima non cambia: “Forse è anche peggiorato. Guardiamo a cosa succede nel mondo, all’uccisione di George Floyd. Ammazzano la gente davanti alle telecamere, anche per futili motivi”. Il Boa si è soffermato anche sulle differenze tra i giovani di oggi e quelli del suo tempo: “Quando ero al Tottenham dovevo pulire le scarpe ai vecchi dello spogliatoio. Oggi i giovani mica lo fanno, pensano alle Mercedes e alla playstation. La prima volta in cui ho mangiato il sushi avevo 23 anni ed ero arrivato al Milan, ero uno di strada abituato al kebab. Il giorno in cui non proverò più passione per questo mestiere smetterò, non voglio rubare il posto a chi ancora lo sogna”.
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