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Sampdoria, Ranieri: “Questo è un calcio asettico. Gli allenatori hanno bisogno di tempo. Il mio contratto? Se posso…”

Ranieri

L’esperto allenatore dei blucerchiati ha rilasciato una lunga e interessante intervista a il Secolo XIX. Il tecnico romano ha affrontato una serie di argomenti: dalla sua Samp, passando per la permanenza a Genova, fino allo stato attuale di un calcio “diverso, asettico senza tifosi”.

Sampdoria, Ranieri: “Questo è un calcio asettico. Gli allenatori hanno bisogno di tempo. Il mio contratto? Se posso…”

“Questa è la seconda stagione anomala, la prima intera a porte chiusa. È un calcio ancora più business. Diverso, asettico. Noi siamo abituati a vivere in mezzo ai tifosi. Cito come esempio la partita con il Lecce a Marassi dell’anno scorso. Giocammo di un male assurdo eppure la gente ci sosteneva, ci soffiava dietro. Io mi stupivo. Finisce la partita e la curva ci fischia. Per me una grandissima emozione, in positivo. Non me lo potrò mai dimenticare. E l’ho apprezzato ancora di più perché so quanto è difficile giocare da nemico in casa. Il tuo tifoso che ti fischia contro è la cosa più brutta che ci sia. Il mio contratto? Non mi sono mai preoccupato dei miei contratti quando ero giovane, figuriamoci adesso. Firmare un contratto per me significa anche che se mi secco, me ne vado. O mi cacciano via, se non raggiungo gli obiettivi. Ma io sono molto onesto con me stesso, per cui non mi preoccupo. Se avessi voluto approfittare del momento, una volta salvata la Samp nella scorsa stagione, avrei detto che a scadenza non mi sentivo sicuro, bla bla bla… Ma io non ho fretta, non ho l’impazienza del contratto. Ho la pazienza per essere sereno e felice, per poter dare tutto me stesso ai miei calciatori”. Sugli obiettivi della sua Samp. “Io offro sempre obiettivi raggiungibili, non posso dire ai miei calciatori che vinceremo tutte e 10 le ultime partite o lo scudetto. Nel girone di andata abbiamo raccolto 26 punti grazie a exploit bellissimi entrati nella storia di questa stagione, come le vittorie con Lazio, Atalanta e Inter. Ora ci aspettano 10 partite anche con avversari difficili e come obiettivo, almeno per me lo è, ci metto di andare a vincere contro uno di questi squadroni. Proviamo a fare 26 punti anche nel ritorno. Quando facciamo le partitelle i miei calciatori non ci stanno mai a perdere, si incavolano anche con me o con gli avversari di turno che sono fratelli e amici. Facciamolo anche la domenica. Io sono sempre motivato, anche quando gioco con mio nipote di 6 anni che potrebbe pensare che io lo lasci vincere. Invece no. Perde. Perché così impara che nessuno gli regalerà nulla nella vita. Si va in campo per vincere dando il massimo, il sangue per la squadra. Dopo accetto ogni risultato. Io da giocatore non ero uno tecnico, ma prima di battermi dovevi uccidermi. Se sei in A è perché hai qualità, però poi mi devi dare la tua vita in campo. Non sono uno di quei santoni che ha un sistema di gioco e fa sempre quello a prescindere dai calciatori. Io come ha detto Allegri non ho bisogno di sentirmi bravo. Dico sempre, se vi trovate in difficoltà non mi riportate la palla davanti all’area di rigore perché impazzisco. Costruiamo da dietro ma quando si può fare. Al Valencia mi accusavano di non fare possesso palla. Se allora io tengo questa palla ma non ho calciatori per scardinare gli ultimi 30 metri, che la tengo a fare? Devo andare veloce verso la porta avversaria e creare occasioni. E così forse il pubblico si diverte. La mia azione simbolo è gol di Verre a Firenze, lancio di Audero. Poi sono belli anche i gol come quello di Candreva con il Toro, dieci passaggi.” Sugli allenatori. “Ci vuole tempo per costruire una squadra. Pirlo era santone ora è uscito dalla Champions e non lo è più. Ma lasciatelo lavorare poi starà ad Agnelli capire se lo ha cambiato troppo presto o no. Non si ha più tempo. Puoi spendere quello che vuoi, ma facendo le cose oculate e dando tempo all’allenatore e alla squadra. Guardiamo l’Atalanta, la Lazio doveva prendere Bielsa ha preso come ripiego Simone Inzaghi, ora è un super allenatore. Spesso si sbaglia e la colpa è sempre del vaso di coccio. Troppo facile…”

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