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Maradona, lo storico preparatore atletico: “Napoli città su misura per un fenomeno come Diego”

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Fernando Signorini, storico preparatore atletico di Diego Armano Maradona ma ancor prima suo intimo amico, è stato intervistato dallo scrittore Enzo Beretta.

Maradona, lo storico preparatore atletico: “Napoli città su misura per un fenomeno come Diego”

“Diego? Un fenomeno. Maradona? Insopportabile. Essere Maradona però era molto difficile. Una cosa è certa: se non fosse passato per Napoli il mito non sarebbe mai stato consegnato all’eternità, Napoli è stata in assoluto la cosa più meravigliosa capitata nella vita di Diego Armando Maradona, era la sua città, sembrava fatto su misura per vivere lì”: così l’uomo “ombra” di Diego, Fernando Signorini, storico allenatore del Pibe, intervistato da Enzo Beretta nel libro Il Re degli ultimi (Ultra Sport) sui sette anni “meravigliosi e folli” del campione argentino in Italia. “Sono stati gli anni più felici della vita di Diego che all’inizio doveva adattarsi a tutto, perfino alla lingua perché a Napoli si impara il napoletano prima dell’italiano. Seppur senza successi, il primo anno (1984/85, ndr) è stato il migliore, era sempre marcato dagli avversari e i compagni non gli passavano il pallone, un giorno esclamò: Anche se sono marcato voi datemi comunque la palla, poi me la sbrigo io. Da lì in poi la squadra iniziò a girare in un altro modo”. Signorini racconta anche le difficoltà del diez a muoversi in città: “Era impossibile fare qualunque cosa, cercavamo sempre posti isolati per evitare la gente, non era semplice neppure uscire di casa, ogni volta che la gente lo vedeva per strada si scatenava il trambusto, i clacson, i motorini”. Signorini racconta di quando Maradona era andato in ospedale per un controllo del sangue e gliene prelevarono più del dovuto. “Gli infermieri avevano portato il sangue di Diego in chiesa vicino a quello di San Gennaro. Troppo esagerato, come poteva vivere così?”. Il calciatore aveva sempre addosso l’attenzione della gente, dei giornali, della tv: “Lavoravo sull’aspetto mentale per infondergli pace e calma – rivela Signorini -, per potenziare i muscoli gli facevo fare molta boxe nella palestra artigianale del garage in via Capece e lo stereo sparava a volume altissimo la musica di Rocky mentre lui sferrava colpi al sacco”. Il gesto tecnico più strepitoso? “Ancor più della rete contro l’Inghilterra in Messico è stato il gol su punizione a due in area alla Juve nel 1985. Un pezzo incredibile, aveva sfidato la fisica. Appena si è liberato dall’abbraccio dei compagni gli ho detto: Se ti do altri cento palloni non riesci a farlo di nuovo, e Diego se la rideva”.

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