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L’agonia dello spareggio: il vademecum per il futuro per non cadere negli stessi errori

Insigne

Ora tutti a sparare sulla croce rossa, tutti favorevoli a un effetto domino di rappresentanti dimissionari. Da Gravina a Mancini, passando per i calciatori: è normale puntare su un gruppo consolidato dal punto di vista umano e tecnico, soprattutto se ha ottenuto grandi risultati. Ma…

L’agonia dello spareggio: il vademecum per il futuro per non cadere negli stessi errori

Quand’è che le situazioni hanno preso una brutta piega? Qual è stato il momento in cui sarebbe stato giusto preoccuparsi, correre a Coverciano e impedire che l’inevitabile effettivamente accadesse? I protagonisti di questo tracollo non se lo spiegano, o indicano nell’autunno nero (contro Bulgaria, Irlanda del Nord e doppio confronto con la Svizzera) il momento in cui la valanga è iniziata a cadere. I casi sono tanti e rispondono a un sentimento, la gratitudine, che riesce a trovare spazio anche in un mondo in cui le emozioni vengono sempre dopo il profitto. Nei giorni che hanno preceduto il playoff la differenza tra la concretezza e la chiarezza di idee della modesta Macedonia del Nord e i nostri tentativi di aggrapparci alla tradizione, al blasone, alla storia, a rivederlo oggi, è drammaticamente evidente. Ciò che ci sembrava impensabile solo poche settimane fa ci è comparso improvvisamente davanti agli occhi, e oltre alla disperazione non ci è rimasto che ripercorrere le ultime tappe di questo percorso di qualificazione nella speranza di razionalizzare qualcosa che ancora non riusciamo realmente a spiegare. Anche se…

La mattinata di ieri si era aperta con una notizia inquietante. La Juventus va a processo con l’accusa di plusvalenze fittizie e di tentato illecito sportivo. Una coincidenza piuttosto subdola che ci ricorda come non esistano scappatoie per una realtà come quella italiana, poi inchiodata al muro dal fallimento della nazionale di Mancini. Ahinoi, lo stato di salute del nostro calcio è evidente da tempo, ma viene ignorato. Non tanto da chi spera che l’arrivo del campione straniero di turno ci aiuti a invertire la rotta, quanto da chi si tura il naso e si benda gli occhi. Con un pizzico di cinismo, senza usare ampollosità verbali, verrebbe da pensare che questa Caporetto potrebbe essere un toccasana, a patto che venga governata con buonsenso dai vertici del calcio italiano. Questo è un problema strutturale: a parte il settore giovanile, la serie A non è più competitiva.

Al prossimo Mondiale (nel 2026), saranno trascorsi giusto vent’anni dalla competizione vinta a Berlino. In questo periodo ci sono state beffe cocenti, due eliminazioni al primo turno e due eliminazioni ai playoff di qualificazione. Certo, c’è l’Europeo vinto la scorsa estate, una finale europea sotto la gestione Prandelli, qualche lampo nell’era Conte: troppo poco per un Paese che ha conquistato quattro Coppe del mondo arrivando sei volte in finale. Il declino tecnico generazionale è chiaro anche alla platea più bonaria. Lo abbiamo visto per le plusvalenze, per il razzismo, lo vedremo per l’ormai celebre indice di liquidità. Dopo la sconfitta con la Macedonia e la mancata qualificazione al Mondiale 2022 in Qatar, è tempo di una svolta generazionale. Mancini stesso, aveva avviato un lavoro che aveva portato l’Italia a risultati sorprendenti attraverso il gioco: aggressività, attacco, costruzione dal basso. Un progetto che doveva continuare, e che è continuato attraverso i giovani. Ma è saltato, perché per agguantare un posto a Qatar 2022, ha deciso di affidarsi al gruppo che, solo otto mesi fa, era salito sul tetto d’Europa. Il risultato, purtroppo, lo conosciamo bene.

Il problema, come detto in precedenza, è strutturale. Già nei settori giovanili si punta troppo al risultato anziché alla crescita dei ragazzi, per questo risulta quanto mai illuminante la conferenza di qualche giorno fa del tecnico Under 21, Paolo Nicolato. Una sconfitta viene vissuta male, piuttosto che essere un momento di riflessione e costruttivo per migliorare. La Nazionale ha un problema: i club. Troppe poche squadre sono state in grado di creare dei progetti a lungo termine, con un’idea ben precisa in testa. Nel calcio si sa, l’importanza viene data troppo spesso solo al risultato nell’immediato. Non si guarda tanto al gioco, ma solo al risultato. Anche per questo motivo le squadre, purtroppo, preferiscono troppo spesso puntare su calciatori affermati, con un salario molto alto, piuttosto che su giovani che potrebbero dare lo stesso apporto alla squadra. E allora (non solo) l’Italia non è stata all’altezza del Mondiale, come ormai da anni, il campionato italiano non è più in cima alla lista dell’elite del calcio. Quale sarebbe la soluzione? La domanda sembra retorica, la risposta, se si è lungimiranti, potrebbe esserlo altrettanto…

di Andrea Fiorentino

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