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CorSera- Spalletti fa mille contro il Sassuolo, le sue chiavi sono: entusiasmo, virtù, consapevolezza e umiltà

L’edizione odierna del “Corriere della Sera” ha elogiato il tecnico del Napoli, Luciano Spalletti, che contro il Sassuolo raggiungerà quota 1000 panchine.

CorSera- Spalletti fa mille contro il Sassuolo, le sue chiavi sono: entusiasmo, virtù, consapevolezza e umiltà

Quando Luciano Spalletti festeggia la panchina numero 500 è l’allenatore della Roma.

«Punto alle quattro cifre», dice con la consapevolezza dell’uomo che sembra sapere quando, dove e come arrivarci. In realtà di dubbi ne ha tanti, ma la regola è: tenerseli, nasconderli e lavorarci. Sono mille adesso, le panchine. Vissute, le ultime, oltre ogni aspettativa. La notte prima dell’esame Sassuolo è tormentata, come tutte le altre.

Una vigilia con la lampada accesa che fa luce su un compito sempre più difficile: tenere il ritmo delle vittorie, far vivere al Napoli l’intensità di una stagione che promette di diventare la più importante della sua carriera.

Ha vinto in Russia, Spalletti. Ma vuoi mettere uno scudetto in Italia, a Napoli per giunta, città di Maradona che lo aspetta da 33 anni? Mille panchine per fare la storia, ed è un punto (o forse anche più di uno) di merito che legittimamente vuole appuntarsi al petto.

La chiave? L’entusiasmo, lo stesso che aveva a Empoli, quello che lo travolse a Udine. Che lo accompagnò a Roma e a Milano. E poi la virtù dell’età e della consapevolezza: l’umiltà conquistata strada facendo. Ha trovato l’equilibrio, ha moderato certe intemperanze. E si anche giudicato per le gestioni (diverse) di Totti ed Icardi. Tra le partite recenti più importanti delle 999 vissute, inserisce quella di Coppa Italia del Napoli contro la Cremonese: la gara sbagliata. Spalletti raggiunge il traguardo a 63 anni. E dopo? Il suo dopo è la partita di domani, la notte — come dicevamo — resta tormentata. Nonostante il suo album dei ricordi riservi molto altro. Prima e dopo Napoli.

L’ultima partita di Totti (Roma-Genoa 3-2) non è soltanto un momento storico per il calcio, è piuttosto un tassello importante nel mosaico di Luciano Spalletti («prima o poi ci incontreremo»), come lo è il derby Lazio-Roma finito 0-2 (undicesima vittoria consecutiva della squadra giallorossa) o anche la vittoria a Napoli per 3-1. In una scatola enorme e piena di cose ci sono Fiorentina-Empoli finita 1-2 mentre tutta la città è tappezzata di manifesti con la scritta «arrivano i cugini di campagna» e il pari dell’Udinese con il Milan che valse ai friulani la qualificazione in Champions. E ancora, Lazio- Inter 2-3: quarto posto; lo scudetto allo Zenit: vittorie rocambolesche e traguardi inaspettati. Vissuti intensamente, senza farli però diventare una ricchezza privata. Per quello ci sono i figli (l’ultima ha 11 anni), la moglie Tamara, la famiglia. C’è l’odore della campagna, i musi degli animali nella fattoria in Toscana. E il vezzo (che solo vezzo non è) della produzione del vino e dell’olio. Gli anni si susseguono in ordine sparso nella sua testa: mille giorni in panchina, mille emozioni, mille partite senza un unico cliché. Perché Lucio è così: una fabbrica di idee, un vulcano di intuizioni. Ed è un uomo innamorato di se stesso. A 63 anni è convinto ma non arrivato («il calcio va avanti e c’è bisogno di conoscenze»). Lui quando arriva in un posto prende la forma del progetto, poi lo forgia, lo costruisce. Lo affina strada facendo. Il prodotto finito, quello che appare oggi, è elogiato in Italia e in Europa.

È diventato un esempio per tanti giovani allenatori che vanno a fargli visita.

Ma tante panchine — 76 a Napoli fino ad oggi — sono servite anche a trovare la quadra, in campo e fuori di una realtà bella che con lui è diventata bellissima. Perché mille panchine sono tutte esperienze, l’una dietro l’altra. Su ognuna, Spalletti accende la lampadina («l’esperienza è lo strumento che fa luce sulla prossima partita»). Appunti di un viaggio che non è ancora terminato. A qualcuno lui sussurra: «Poi smetto». Una bugia.

Carlo Gioia

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