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Fiorentina, Beltran: “Sono argentino, ma ringrazio Mancini. La 9 di Batistuta? Un peso enorme”

LECCE, ITALY - FEBRUARY 02: Lucas Beltran of Fiorentina celebrates with his teammate Andrea Belotti after scoring his team's second goal during the Serie A TIM match between US Lecce and ACF Fiorentina at Stadio Via del Mare on February 02, 2024 in Lecce, Italy. (Photo by Maurizio Lagana/Getty Images)

Dopo una prima parte di stagione di ambientamento, Lucas Beltran si è preso le chiavi dell’attacco della Fiorentina. I numeri parlano chiaro: da dicembre solo Dusan Vlahovic con dieci gol e Lautaro Martinez con nove hanno segnato di più in Serie A. Lo riporta Eurosport.

Fiorentina, Beltran: “Sono argentino, ma ringrazio Mancini. La 9 di Batistuta? Un peso enorme”

Era solo questione di tempo: il giocatore talentuoso esploso nelle giovanili e poi in prima squadra al River Plate e che ha fatto alzare le antenne del Real Madrid la scorsa estate, è diventato l’incubo delle difese anche in Italia, Paese in cui una parte della sua famiglia affonda le radici (“Un mio bisnonno è nato in Piemonte”). Vincenzo Italiano lo ha spostato nel ruolo di trequartista, libero di spaziare su tutto il fronte offensivo dei viola, e da allora sono arrivati i gol con Salernitana, Verona, Monza, Udinese, Lecce ed Empoli.

Firenze lo ha accolto a braccia aperte (25 i milioni messi sul tavolo per Beltran sono la somma più alta mai spesa dai toscani, che così ritoccano il record di 24,5 milioni versati nelle casse dello Stoccarda per Nico Gonzalez due stagioni fa), ora il Vichingo sta rendendo con gli interessi. Lo abbiamo intervistato alla vigilia di Fiorentina-Lazio, in programma lunedì 26 febbraio alle 20:45. Il giorno dopo il Superclassico River-Boca (pareggio 1-1), un match nel cuore del classe 2001 di Cordoba.

“All’età di 14 anni fui contattato dal River, ma mi voleva anche il Boca. Mio fratello Santiago mi disse: ‘Se vai lì non vedrò più le tue partite’. Ebbi poca scelta. La rivalità tra le due squadre è unica, non è paragonabile ad altri derby nel mondo. In Argentina viviamo il calcio in un modo tutto nostro. Quella partita la aspettiamo tutto l’anno. I giorni precedenti, quello del match e quelli dopo sono un universo parallelo. E’ la fotografia perfetta del calcio argentino. Il Superclassico è in assoluto la partita più emozionante che abbia mai giocato nella mia carriera, assieme ai match col River in Copa Libertardores”.
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A settembre sei stato convocato dal ct Scaloni nella Seleccion Argentina, ma il tuo nome fra luglio e agosto era anche stato accostato alla Nazionale azzurra. Sei stato davvero vicino all’Italia o non è mai stata una possibilità reale?
“Sì, è stata una possibilità. Mi sono arrivate allo stesso tempo le due convocazioni, quella di Scaloni e quella di Mancini. Ho dovuto prendere una decisione. Ho scelto la selezione argentina per la mia famiglia, sono di lì, è stato un sentimento molto intimo e personale, ma la possibilità di giocare con la maglia azzurra c’è stata. Mi hanno chiamato dall’Italia, ma poi scelto col cuore”.

Far parte della rosa che parteciperà alla Coppa America quest’estate è più un sogno o un obiettivo? Un altro appuntamento importante è l’Olimpiade di Parigi: punti a una convocazione anche con la Nazionale Under 23 che andrà a caccia dell’oro?
“Punto ad entrambe. Sarebbe un sogno. Quando si parla della selezione argentina si vuole sempre essere presenti, quindi vedremo cosa decidono i c.t.”
A settembre hai pubblicato la foto con Messi dal ritiro della Nazionale argentina. Cosa ti porti dietro di quel momento?
“Lionel è l’idolo di tutti in Argentina. Il primo allenamento assieme ero ipnotizzato, era strano averlo tra i miei compagni di squadra, ma con il corso dei giorni è diventato più famigliare. Ringrazio la vita e il ct Scaloni per avermi dato questa opportunità. E’ stato un orgoglio per me e spero di continuare a giocare con lui”.
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Perché ti chiamano Vichingo?
“Hanno cominciato a chiamarmi così ai tempi del Colón de Santa Fé, quando giocavo lì. Penso che il motivo siano i capelli biondi, la barba un po’ più lunga e l’atteggiamento in campo, sempre agguerrito”.

Hai iniziato a giocare da bambino nell’Instituto, come Paulo Dybala. Che rapporto hai con lui?
“Lui era molto amico di mio fratello, giocavano insieme da piccoli. Dormiva a casa mia, era sempre da noi, quindi lo conosco bene. Lo considero una persona di famiglia. Ci vediamo spesso, quando possiamo, anche in Italia. Da quando sono arrivato qui, esco anche con Martínez Cuarta, Nico González, Gino Infantino, poi ho anche amici al Frosinone, Mati Soulè e Enzo Barrenechea su tutti. Con Enzo e suo papà dobbiamo organizzare presto un asado. Ho amici che vivono in Italia da molto tempo, sono venuti qui per problemi economici in Argentina. Nei giorni off mi piace girare e conoscere l’Italia: Roma, Venezia, Milano, il lago di Como…”

Sei stato accostato al Real Madrid e alla Roma quest’estate, tra le altre: ci racconti la trattativa che ti ha portato alla Fiorentina?
“È vero, mi hanno contattato Roma, Fiorentina e Real. Ho scelto Firenze perché me lo sentivo. Un giorno mi sono svegliato e ho detto a mio fratello “Voglio andare alla Fiorentina”. È stato il club che ha mostrato più interesse per me, mi ha fortemente voluto. E poi mi è piaciuta la città, il centro sportivo, il Viola Park, come vive la gente. È bellissimo, quindi sono molto felice qui. Penso di aver preso una buona decisione. Commisso? Il presidente è sempre molto presente con noi. Ci parla quasi sempre prima delle partite importanti, negli spogliatoi”.

Vesti la maglia n° 9 che a Firenze è stata di Batistuta, un idolo assoluto per il popolo fiorentino. E’ stata una scelta naturale?
“Quando noi argentini parliamo di Fiorentina o di Firenze ci viene subito in mente Batistuta. E tanti altri argentini che hanno giocato qui. Per me è un orgoglio molto grande essere qui, portare il numero di maglia di Batistuta. Spero di portarlo il più in alto possibile per rendergli onore”.

Italiano recentemente ha detto che sei un giocatore completamente diverso rispetto a quando sei arrivato e che hai ancora grandi margini di crescita. Quanto è stato complicato l’adattamento alla Serie A? Che rapporto hai con lui e chi è stato il tuo “padre” calcistico?
“Qui i difensori sono più alti, più forti fisicamente, bisogna correre e attaccare in una maniera diversa. E’ un calcio più tattico, meno istintivo. Già dalla preparazione estiva ho cercato di adattarmi a queste condizioni. Dopo l’ambientamento dei primi mesi ora conosco meglio il calcio italiano e i miei avversari. Il mio padre calcistico è Marcello Gallardo: il modo di giocare, di stare in campo, dare tutto per la squadra lo devo a lui. E’ un’istituzione al River. Poi ho avuto molti altri grandi allenatori, come Martín Demichelis che mi ha aiutato a crescere molto. Anche Julio Falcioni. Con Italiano ho un ottimo rapporto. E’ deciso quando parla, tira fuori il meglio dai suoi giocatori. Noi come squadra cerchiamo di ascoltarlo e di imparare da lui”.

Contro Monza e Lecce hai segnato 2 gol insoliti e quasi identici, deviando in rete il passaggio del portiere avversario (Di Gregorio e Falcone). Sono stati due colpi di fortuna oppure situazioni preparate in allenamento? Dove ti piace giocare in attacco?
“E’ il metodo Gallardo, pressavo il portiere anche 16 anni. A Firenze in allenamento prepariamo questa situazione, Vincenzo ci chiede di farlo. E’ una caratteristica che ho, cerco di non perderla e di tenerla sempre con me. Dove mi piace giocare? Punta, sotto-punta, mi piace giocare con la palla tra i piedi”.

Alla prima stagione in Serie A Lautaro Martinez segnò 6 gol tanti quanti ne hai segnati tu finora a Firenze. In Argentina tanti ti paragonano al Toro: ti piace questo paragone oppure hai altri attaccanti che studi ed ammiri?
“Ovviamente il paragone con Lautaro mi lusinga, sta facendo una grande stagione, 22 gol è un numero incredibile. L’ho avuto anche come compagno in nazionale: ho imparato tanto guardandolo giocare. Non ho un giocatore di riferimento: cerco di imparare da tutti, anche da miei compagni che vedo ogni giorno in allenamento”.

Dove può arrivare la Fiorentina quest’anno?
Penso che, prima di tutto, dobbiamo tenere i piedi per terra, lavorare con umiltà e sacrificio, per cercare di arrivare il più in alto possibile. Si parla di fare un miglior campionato dell’anno passato, cercheremo di dare tutto ciò che abbiamo a nostra disposizione. Europa? L’obiettivo è quello, sì”.

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