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CdM- “Una buona misura di un giocatore è la sua abilità nell’aiutare la propria squadra”, De Laurentiis e Giuntoli hanno costruito così una delle squadre più forti di sempre

Cristiano Giuntoli

L’edizione odierna del “Corriere del Mezzogiorno” ha elogiato l’operato di Giuntoli e De Laurentiis, facendo un paragone cinematografico con la ricostruzione societaria messa in atto.

CdM- “Una buona misura di un giocatore è la sua abilità nell’aiutare la propria squadra”, De Laurentiis e Giuntoli hanno costruito così una delle squadre più forti di sempre

Nel 2011 arrivó nelle sale cinematografiche un film sul baseball, Moneyball l’arte di vincere, basato su una storia vera. Billy Bean, interpretato da Brad Pitt, manager degli Oakland Athletics, deve far fronte alla partenza delle loro stelle Johnny Damon, Jason Giambi, e Jason Isringhausen. La societá decide una riduzione del budget. Durante un incontro di mercato con i dirigenti dei Cleveland Indians, Beane incontra Peter Brand, un giovane laureato in economia a Yale con idee radicali sul come valutare un giocatore, basato sul principio della sabermetrica. In pratica, una buona misura di un giocatore è la sua abilità nell’aiutare la propria squadra nel fare più punti della squadra avversaria. Non quindi un valore assoluto di un costosissimo top player, ma la ricerca di chi, inserendosi in un progetto di squadra, puó con le proprie caratteristiche esaltarne il rendimento. Fare mercato con questa impostazione è più difficile, perché richiede una grande conoscenza dei giocatori, e comunque un progetto di squadra nel quale poter inserire i nuovi acquisti. La sabermetrica riguarda il baseball, ma Adl, Giuntoli e Spalletti hanno applicato il concetto al Calcio, costruendo una delle piú belle squadre di tutti i tempi. Calciatori fortissimi, ma soprattutto funzionali alle idee di Spalletti, il quale, lo ribadisco, e chi mi legge sa che lo dico da tempo, é di gran lunga il miglior tecnico italiano. Osimhen sta crescendo partita per partita, Kvara é devastante, Lobotka é un fenomeno, Kim non lo cambierei per Koulibaly, Di Lorenzo é il capitano vero. Dovrei citare tutti, perché tutti sono cresciuti. E le piante ce lo insegnano, la crescita é rigogliosa se il terreno é buono ed il contadino toscano é esperto. Ma forse l’esempio piú lampante é il maestoso Anguissa. Praticamente scartato dalla Premier League, é tornato sul palcoscenico europeo da trionfatore.

Quanti si staranno mangiando le mani e non solo? La trasferta di Francoforte ha zittito anche gli scettici, i sostenitori della forza relativa del Napoli perché il campionato é scadente. L’Eintracht, che in Germania è considerata una ottima squadra, é sembrata la Bassa Anaunia affrontata durante il ritiro di Dimaro. Il punteggio é stato bugiardo, anche considerando il rigore non realizzato da Kvara, forse per non far avvilire i volenterosi avversari. Ma a questo punto i gol fatti contano poco. É piú importante la bellezza del gioco, la supremazia tecnico-tattica-atletica che fa sembrare tutto facile. Senza commettere tanti falli, senza simulazioni, onesti dentro e fuori dal campo. Una bellezza non fine a se stessa, ma vincente. A sostegno ci sono le statistiche, che talvolta appaiono come freddi numeri, ma nel caso del Napoli sono un giusto riconoscimento, danno tepore come un cappotto di cashmere in una giornata fredda, supportano le sensazioni di armonia che provengono dal campo. Il Napoli é la squadra che fa meno falli, quella che tira di piú, ma soprattutto quella che gioca prevalentemente nella metá campo avversaria. Ho analizzato i dati statistici rispetto all’Inter, da molti considerata come la favorita. L’unico dato in cui ci é superiore, é nei tocchi di palla nella propria metá campo. E questo spiega i tanti punti di distacco. A centrocampo la differenza numerica é impressionante, le partite si vincono in questo settore. Oltre 500 passaggi riusciti a partita contro 400, 87% di media. 630 tocchi di palla fra centrocampo e attacco contro 480. C’é sostanza, oltre alla forma. Vincere non é casuale, é un’arte.

Carlo Gioia

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