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Ed è rete: si gonfia la rete, episodio 6 – Il cucchiaio magico di Mertens

NAPLES, ITALY - NOVEMBER 02: Dries Mertens of SSC Napoli celebrates after scoring the 5-1 goal during the Serie A match between SSC Napoli and Empoli at Stadio San Paolo on November 2, 2018 in Naples, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

Ed è rete: si gonfia la rete è una rubrica ideata col proposito di descrivere i gol che hanno fatto la storia del Napoli. Un autentico viaggio attraverso le emozioni che hanno segnato gli attimi più importanti del club partenopeo. Un resoconto, o meglio, un racconto delle grandi prodezze che –  nel loro significato simbolico – hanno fatto sognare il golfo più bello del mondo.

“Di Napoli mi piace molto il mare. Vivo vicino al mare e quando mi sveglio con il caffè tutto ciò mi rilassa e mi fa stare bene. Io e il Napoli stiamo crescendo insieme. L’allenatore sta lavorando bene, il gioco della squadra mi aiuta a fare il mio lavoro. Ho cambiato posizione. Prima giocavo a sinistra, ora gioco da prima punta e gioco di più rispetto a prima”. Dries Mertens a Dugout nel marzo 2018.

 

Quando è approdato in azzurro nel 2013, Dries Mertens non è stato accolto come un fenomeno. In molti hanno affermato che il mercato del Napoli non poteva partire da un “doppione”. A quel tempo Mertens era considerato una vera e propria ala offensiva, prediligeva soprattutto la fascia sinistra, posizione in cui era in continuo ballottaggio con Insigne. Attraverso costanza e tenacia il folletto belga riesce a ritagliarsi grande spazio nel cuore di tutti i tifosi napoletani. Dopo l’addio di Higuain, De Laurentiis punta tutto su Milik, giovane attaccante scuola Ajax. Passano solo due mesi e il polacco si procura un infortunio che lo terrà fuori praticamente tutta la stagione. Il Napoli si ritrova senza bomber di ruolo.

E’ proprio in quel momento che sale in cattedra Mertens. Da riserva di lusso diventa uno dei centravanti più forti della Serie A.  La metamorfosi del giocatore si realizza in piccole fasi, culminando con “una settimana da Dio“: 7 gol nell’arco di 7 giorni. La ciliegina sulla torta è un’opera d’arte, un cucchiaio perfetto capace di buttar giù uno stadio intero e di azzardare paragoni – fino ad allora considerati utopici – con il più grande numero 10 della storia del Napoli: Diego Armando Maradona.

Il merito è da attribuire anche a Sarri, capace di intravedere in Mertens le caratteristiche adatte per combattere i giganti della Serie A al centro dell’attacco. Nasce il nuovo “falso nueve” del Napoli, che poi tanto “falso” dimostra di non esserlo. Nel giro di pochi mesi il belga mette a segno gol sul gol, mostrando tutto il repertorio proprio dei più grandi attaccanti: tap-in vincenti, rigori, calci di punizione, prodezze magiche e – in alcune occasioni – anche colpi di testa.

(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

La partita magica di Mertens

L’apogeo di Mertens – come anticipato in precedenza – avviene in un pomeriggio magico al San Paolo. Il Napoli affronta il Torino con l’obiettivo dei tre punti per scavalcare il Milan e avvicinarsi alla Roma al secondo posto. La formazione azzurra, orfana di Koulibaly, vede in difesa Chiriches e Albiol a proteggere Reina, in attacco i soliti tre: Insigne, Mertens e Callejon. Il Torino, allenato da Mihajlovic, si schiera con un atteggiamento più difensivo. Tattica che non porta i frutti sperati. Pronti via e il Napoli chiude la pratica Toro in 22 minuti. Mertens è il protagonista assoluto. Una tripletta in 9 minuti permette alla squadra di Sarri di gestire in tranquillità la partita.

Da uno schema su calcio d’angolo, un rigore e un tap-in vincente il folletto belga annulla il Torino. I tifosi, il mister, i suoi compagni e gli stessi avversari pensavano fosse finita lì. Invece no, quello era solo il preambolo. “Mi apro alla chiusura” avrà pensato Mertens. Conscio del fatto che la conclusione della partita era ancora lontana, ha riservato la magia più bella per un finale spettacolare.

La ripresa, complice il mea culpa dell’allenatore del Toro che cambia una strategia suicida inserendo Iago Falque e un calo di tensione dei giocatori del Napoli, non parte benissimo. Dopo 13 minuti Reina regala la palla ai granata e Belotti accorcia le distanze. Un secondo tempo bello e movimentato in cui il Napoli riesce a trovare il quarto gol con un coast to coast memorabile di Chiriches che insacca il pallone in rete. Il Toro non si arrende e segna la rete del 4-2 con Rossettini aiutato da un Reina nuovamente colpevole. Fortunatamente per il portiere del Napoli c’è un folletto lì davanti che ha la fame di un leone e al minuto 80 sale nuovamente in cattedra ed estrae dal cilindro una perla che – a detta del presidente De Laurentiis – è il gol dell’anno 2016/2017.

Azione difensiva confusa del Torino che soffre il pressing alto degli azzurri. Il Napoli riprende palla e trasforma l’azione in offensiva. Arriva la palla in area di rigore, Mertens la stoppa in un fazzoletto di campo che pullula di giocatori in maglia granata, si defila e con l’irriverenza e il coraggio propri dei più grandi giocatori inventa un cucchiaio colpendo di collo interno la palla che segue una traiettoria quasi poetica insaccandosi alle spalle di un incolpevole Joe Hart. Ed è rete, si gonfia la rete. Il boato del pubblico è la cornice perfetta per uno dei gol più belli della storia della Serie A. I tifosi, in un attimo, vengono proiettati nel passato. Precisamente 30 anni prima, quando un extraterrestre, tale Diego Armando Maradona, incantava il mondo con prodezze simili.

Da Dries a “Ciro”: lo scugnizzo napoletano

In seguito a quel gol, il belga va sotto la curva a gustarsi la meritatissima standing ovation del pubblico e degli stessi giocatori. Simbolico è il gesto di Mertens che porta la mano sullo stemma reiteratamente come a voler indicare un segno di attaccamento alla squadra e alla città, consapevole che quel gesto tecnico rimarrà per sempre impresso nell’animo dei suoi sostenitori.

Una metamorfosi che – oltre al cambio di ruolo peraltro azzeccatissimo – si palesa anche all’interno del cuore dei tifosi partenopei: il belga da semplice Dries si evolve in Ciro, uno “scugnizzo” che ha fatto innamorare un golfo intero col suo modo d’essere per certi versi simile allo spirito innato della gran parte dei suoi adulatori. La figura dello scugnizzo rappresenta il modo di reagire ed “arrangiarsi” insito nell’animo del popolo. Anche se – al giorno d’oggi – è associato ad una sfera sociale negativa, esistono alcuni modelli che simboleggiano un esempio di forza dell’essere napoletani. Dries Ciro Mertens, in pochi anni, riesce ad immedesimarsi completamente in questo spirito fino a conquistare un posto tra i più amati “figli di Napoli“.

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Antonio Del Prete

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